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La neve a Roma e il futuro del mondo
Trump si impunta sul muro alla frontiera con il Messico, i democratici non si piegano
Berlusconi, uno e trino, si riprende la scena
Trump riesuma la dottrina Truman. Ma il mondo non è più quello
Perchè l’opinione pubblica è in crisi
Leggendo i giornali stamani, ho capito di dover dire una cosa che penso da qualche tempo, ma che non ho mai scritto, in questa forma, (temo) per evitare le fastidiosissime polemiche che ne sarebbero derivate. È in crisi l’opinione pubblica, il concetto stesso di pubblica opinione. E la colpa non è della casta “che fa schifo”, dei giornali che “mentono”, delle riforme costituzionali “che non si riesce a fare”, dei “poteri oscuri che tutto controllano”, o delle leggi elettorali che non permettono di sapere, la sera, chi abbia vinto. Continua la lettura di Perchè l’opinione pubblica è in crisi
Renzi suona la campanella per il Pd
Al voto, per evitare la manovra
Ora votare si può. Se si vuole
Consulta (e Cgil) risparmiano Renzi
Consulta e Cgil salvano Renzi. Detta così, lo capisco, è forte. Ma è meglio parlar chiaro. 3 milioni di cittadini avevano firmato per cancellare il jobs act nel suo articolo fondamentale, quello che toglie ai dipendenti le tutele dell’articolo 18. Se il popolo avesse potuto esprimersi, verosimilmente il referendum avrebbe cancellato l’ultima ridotta del renzismo. Perché, bocciate le riforme costituzionali Boschi-Renzi, in evidente difficoltà #labuonascuola, la “nuova” Rai e la modernizzazione della PA, con l’Italicum in attesa di essere cancellato o dalla Corte o dallo stesso Pd, dei 1024 giorni di rottamazione non restava, infatti, che quello, la soppressione dell’articolo 18. Purtroppo il quesito proposto dalla Cgil conteneva un baco: approvato, non solo avrebbe ripristinato le tutele pre-esistenti nelle imprese con oltre 15 dipendenti, ma le avrebbe estese anche alle piccole imprese, tra i 5 e i 15 addetti. Ora la nostra Costituzione prevede che il referendum possa abrogare una legge ma che non possa in alcun modo riscriverla. È vero che 5 giudici della Consulta hanno votato per il referendum, convinti che il quesito non volesse dettare una nuova norma ma estendere diritti già previsti dallo statuto dei lavoratori. Ma una maggioranza, 8 giudici costituzionali e fra loro Giuliano Amato, ha ritenuto invece che il quesito non fosse puramente abrogativo e lo ha cassato. Così l’uomo di Pontassieve può respirare, ma ora teme che il suo esilio possa durare troppo. Continua la lettura di Consulta (e Cgil) risparmiano Renzi