Caffè

Donald Trump ha perso il faccia a faccia con Kamala Harris. È apparso meno fresco, a tratti confuso, spesso ripetitivo. Lei è rimasta sempre sul pezzo. L’ex presidente ha detto che “l’America sta fallendo” per colpa di Biden Harris, mentre lui, Trump, l’avrebbe lasciata, tre anni e mezzo fa. all’apogeo del suo splendore. Ha difeso i “patrioti” che il 6 gennaio 2001, su suo impulso, presero d’assalto il Parlamento e ha accusato i democratici di aver fatto entrare, non 11 ma 21 milioni, di immigrati delinquenti. “Che mangiano gatti e cani”. Qui i moderatori l’hanno smentito: notizia falsa. Ha accusato governatori democratici di volere “l’aborto al nono mese, di giustiziare i bambini”. Ancora ripreso dai giornalisti: fake news.

Kamala Harris ha avuto buon gioco nel difendere la democrazia “da chi l’assalta per sovvertire l’esito del voto”. E nell’affermare il diritto delle donne a decidere del loro corpo. “Oggi ci sono Stati -ha detto- in cui una donna ha paura di andare in ospedale dopo un aborto spontaneo”. Ci sono donne “che prendono un aereo per cambiare Stato e provare ad avere un bambino con la fecondazione assistita”. Ha mostrato di condividere le difficoltà della gente e accusato Trump di pensare solo a se stesso.

Gli appelli finali non avrebbero potuto essere più diversi. “Io sono Kamala Harris, non Biden e non certo Trump, rappresento la classe media, voglio unire l’America e voltare pagina. Lui è il passato”. Per Trump, invece, “Biden Harris hanno distrutto l’America, fatto entrare milioni di delinquenti, disarmato la polizia, provocato due guerre; che io avrei evitato. Kamala è marxista. odia Israele. Con lei Israele scomparirebbe in soli due anni”.

Taylor Swift, 551 milioni di follower sommando tutti i social, ha atteso la fine del confronto per fare l’endorsement a Kamala, “contro la disinformazione – ha detto- e per la verità”.

È andata così, ma le cose restano maledettamente complicate. Perché la fiducia della democratica per l’America, la sua capacità di innovare, la tenuta della sua leadership, sia economica che politica e militare, cozza con un pessimismo diffuso, con il sentimento che siano in crisi sia la Società che l’Impero.

Negli ultimi 14 anni (dalle elezioni di medio termine del 2010) la destra americana ha costruito una forte identità. Mette avanti la libertà del borghese proprietario e dei singoli Stati contro ogni intervento di Washington. Difende dal secolarismo l’identità giudaico cristiana. Afferma una brutale volontà di potenza. Libera da ogni pastoria multipolare, dall’ONU agli accordi sul clima, fino alla stessa Nato. Odia chiunque le parli di doveri per la super potenza. Rigetta ogni “Frontiera”, buttando nello stesso pozzo Obama, Kennedy, Roosevelt, passando per George w Bush, con la sua pretesa di esportare la Democrazia, fino, se necessario, a Lincoln, repubblicano ma che abolì la schiavitù e col lavoro salariato, costruì la ferrovia dall’oceano Atlantico al Pacifico.

Delirio? Se vi pare. Ma è certo una risposta, a tinte forti, alla crisi. I democratici devono invece affidarsi alla voglia di unità del popolo, alla solidarietà inter etnica e a un minimo di equità sociale. Cose che l’altra America considera lussi o menzogne.

Harris versus Trump

Caffè Donald Trump ha perso il faccia a faccia con Kamala Harris. È apparso meno fresco, a tratti confuso, spesso ripetitivo. Lei è rimasta sempre sul pezzo. L’ex presidente ha detto che “l’America sta fallendo” per colpa di Biden Harris, mentre lui, Trump, l’avrebbe lasciata, tre anni e mezzo fa. all’apogeo del suo splendore. Ha […]

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