Eppure c’é tutto un mondo fuori di noi. “L’offensiva di Obama sul clima”, scrive la Stampa. “Un piano di grande portata”, El Pais. “Molto audace” Financial Times. Ridurre del 32% le emissioni di CO2 in 15 anni, chiudere quasi tutte le centrali a carbone degli States. E se è vero che si può fare grazie alle grandi quantità di gas estratto, l’obiettivo è di investire nell’energia politica, eolico e solare. “Non lasciamo ai nostri figli un pianeta incurabile”,dice Obama. Pace con Cuba e Iran, Corte Suprema che autorizza i matrimoni gay, viaggio in Africa che è la più grande risorsa del domani, riconversione ecologica. Gli Stati Uniti di Barak Obama reagiscono al declino scommettendo sul futuro.

Scontro nel Pd. Renzi: dico no al VietNam, titola invece Repubblica. C’è qualcosa di grottesco nella reazione del premier e della sua corte dei miracoli alle difficoltà parlamentari. Dal Giappone il capo fa la ramanzina ai sindaci, mentre Serracchiani e Boschi minacciano i dissidenti. “Chi non vuole le riforme ci consegna a Grillo e alla Lega”. Ma come? Loro rompono con Cgil e Fiom, storico serbatotio elettorale della siniustra. Poi si fanno odiare dall’intero corpo insegnante. Impongono una riforma della Rai che peggiora la Gasparri. Aprono la crisi a Roma e in Sicilia ma poi si spaventano e rinviano. Salvano “la casta” a seconda delle convenienze (Azzolini sì, Genovese no). E poi accusano qualcun altro di consegnare il paese a Grillo e Salvini? La verità -scrive Ilvo Diamanti- è che il premier “un giorno dopo l’altro, una parola dopo l’altra, disegna una democrazia personale e immediata. Centrata sulla sua persona. Refrattaria alle “mediazioni”.

Una post democrazia fondata sul premier, senza contrappesi nè controlli per i 5 anni che dividono un’elezione dalla successiva. Con le istituzioni di garanzia, Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale, diminuite perchè il combinato Italicun-Riforma del Senato rischia di consegnarne il potere di nomina nelle mani a chi abbia arraffato il premio di maggioranza. Ho detto a Tommaso Ciriaco, Repubblica, che i renziani dovrebbero ringraziare i 25 senatori dissidenti + 4 che si preparano alla battaglia contro il testo attuale per la riforma della Costituzione. È lì il grumo di follia, l’azzardo renziano: nel voler imporre per 5 anni il potere di uno solo, che alla fine non sarà Renzi perchè il rottamatore è già sfiatata, comincia a dubitare di sè, inanella errori su erroori. Invece Palazzo Chigi lancia la campagna d’agosto: sputtana, manganella, ricatta. E usa il Pd -lo dice D’Attorre al Fatto- come “uffico stampa del capo”

Due conigli dal cappello. Intanto i gazzettieri del capo fabbo salire l’attesa: chi mai saranno il prossimo amministratore delegato e il presidente della Rai. Regole vecchie, certo, ma nomi nuovi, che ci stupiranno. È solo la musica che aiuta il prestigiatore a nascondere il trucco. Cone nota Mentana in un’intervista a Repubblica, la questione centrale resta inevasa: “qual è la mission della Rai? Quanti canali deve avere? Come vanno divisi servizio pubblico e area di mercato? La vituperata prima Repubblica, nel ’75, non è che decise di mettere Emilio Rossi al Tg1 e Andrea Barbato al Tg2 prima di decidere cosa voleva fare della tv pubblica». Ma il renzismo è l’ideologia del potere che giustifica il potere (del premier) Non pensa, ordina. Non discute, ha fretta. In Rai lo sanno e aspettano i nomi per prendergli le misure. La lottizzazione proseguirà, Come prima più di prima: un posto a NCD, l’accordo sul presidente con mister B, forse uno strapuntino ai 5 stelle. Chi non ne può più, come il Corriere della Sera, si occupa del Cocoricò, dei giovani che ballano e si fanno, perchè non hanno meglio da fare.

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