Sì, se puede. La Spagna l’economia riparte, tra il 2 e il 3% in più dice il PIL, il premier Rajoy è lodato in Europa per le sue “coraggiose” riforme, ma agli elettori questo non basta. Podemos ha vinto le elezioni a Barcellona: la sua candidata, Ada Colau, 41 anni, nota per aver costruito una piattafirma contro gli sfratti, ha sconfitto il sindaco nazionalista uscente, Xavier Trias: 25,2% contro 22,7. A Madrid, Esperanza Aguirre, del Partito Popolare, ha un seggio in più della sfidante Manuela Carmena, Ahora Madrid, appoggiata da Podemos. Però quest’ultima, giudice nota per la difesa dei diritti umani, potrà coalizzarsi con i socialisti e governare, mentre Ciudadanos, cittadinanza attiva ma moderata, altra novità di questo voto, non vuole allearsi con i popolari. In ogni caso la Spagna ha sepolto il bipartitismo. Socialisti e popolari o si alleano o non governano.

 

Europa dove vai? Sarà presidente della Polonia, Duda, ultra nazionalista e popolusta, erede dei famigerati gemelli Kaczinski. Mentre in Grecia Varoufakis si è preso la sua rivincita sulle mezze figure, dorotee e supponenti, che straparlano a Bruxelles “Atene: senza di noi la fine dell’euro”, è il titolo del Corriere. “Finiti i soldi, non paghiamo i debiti. Incubo Grexit nella UE”, scrive Repubblica.  Un fatto è certo, la flessibile compiacenza di Hollande e di Renzi nei confronti della signora Merkel non ci porta da nessuna parte. O la sinistra proverà a cambiare l’Europa, a trasformarla in un confederazione politica e solidale, cattedrale dei diritti, faro della democrazia, casa del welfare, oppure l’Europa della Merkel, pitocca con i paesi del Mediterraneo, subalterna a Washington in Ucraina, bugiarda sulla guerra in medio oriente, nutrice di nazionalismi reazionari andrà presto in pezzi.

 

4-3 o 6-1, per me pari sono. L’ha detto Renzi a che tempo che fa.  Abbiamo capito: qualunque cosa accada, resterà a Palazzo Chigi. Abbiamo capito: piangere miseria e annunciare sciagura serve per poter poi abbellire il successo, favorito dall’altrui crisi e dall’astensione.“Vinciamo e poi mi occuperò del partito”, promette il premier segretario. Ma rispondere pure, se #nomfup glielo consente, alla nostre modeste ma dignitose battaglie in Senato. Per non varare una legge sulla scuola contro tutte le categorie della scuola: la sinistra ha il dovere di ascoltare. Per modificare una revisione costituzionale (riforma del Senato) che consentirebbe al premier plebiscitato nel ballottaggio di mettere le mani pure sugli istituti di garanzia.

 

Proletarizzazione. Ilvo Diamanti su Repubblica. Nel 2006 il 53% degli italiani riteneva di far parte del ceto medio. Ora solo il 42%. Al contrario solo il 40% stimava, allora, di far parte della classe operaia, o comunque del ceto popolare. Oggi questa percentuale sale al 52%. Da tempo scrivo di proletarizzazione delle middle class, fenomeno che riguarda tutto l’occidente e si accompagna allo strapotere di un piccolo gruppo di ricchissimi e potentissimi. In Italia, il numero di chi si sente “classe dirigente” passa dal 6 al 3%.

 

Che fare? Bisogna accompagnare questo processo ineluttabile, puntare sui consumi comuni, su una qualità del vivere che non consista più nello spendere troppo per aver tutto per sé e subito, bisogna far pagare di più ricchi e corrotti. E trasformare la scuola pubblica, che non può più funzionare da ascensore sociale, nella fucina di una formazione di base, logica e polivalente, per tutti. Dando al figlio dell’immigrato senegalese e a quello del grande medico, almeno una possibilità. Una chance per tutti.

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