Cade la maschera, carte in tavola. Per quanto dolente, non posso perdere l’appuntamento con il Caffè di questo 3 giugno, perché mi sembra uno di quei giorni in cui si dirada la nebbia della politica italiana e le scelte appaiono nella loro essenziale crudezza.

Grillo salva l’intesa con Renzi, titolo forte del Corriere della Sera. Ieri il garante del movimento ha messo in riga i “portavoce” perplessi. Gli iscritti “certificati” hanno detto sì all’intesa per una legge proporzionale, con liste bloccate e sbarramento al 5%, dunque accorda sia. “Il calcolo di Grillo – scrive Folli per Repubblica – è di mera convenienza: il proporzionale con liste bloccate – quindi senza preferenze e senza autentici collegi uninominali – gli permette di costruire due gruppi parlamentari a sua immagine e somiglianza, sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama”. Pazienza se la legge elettorale proposta non è una buona legge, se, come scrive il Corriere, “I seggi (sono) a rischio incostituzionalità” e dunque rischia di essere bocciata dalla consulta come Porcellum e Italicum. Bocciata non tanto perché sottrae all’elettore, per regalarla ai partiti, la scelta dei rappresentanti del popolo. Ma perché crea due diversi, e non pari, identikit dei candidati, violando il principio di parità. I candidati dei collegi “uninominali” (imitazione, infedele, del sistema tedesco) sono infatti “kamikaze”, specchietti per le allodole, messi là per drenare voti ma che hanno meno possibilità di essere eletti dei capolista protetti dal “listino bloccato”. Massimo Giannini definisce “La nuova formula elettorale che Renzi, Berlusconi e Grillo stanno per propinare agli italiani, una “porcata” quasi peggiore di quella che Calderoli e i suoi compagni di merende concepirono nel 2005 in una baita del Cadore”.

Partito trasversale scelto da operai e giovani. Un sondaggio Demos, illustrato da Ilvo Diamanti, spiega bene l’arcano. Il Movimento 5 Stelle appare la forza politica di gran lunga favorita, con percentuali fra il 32 e il 36 di intenzione di voto tra giovani e adulti fino 54 anni, la più votata al sud e dagli operai. Una sorta di partito della nazione che auspica per il paese strade innovative, anche se, ovviamente, non sa sempre esattamente quali siano. Una fiume in piena sedotto da personalità forti come Putin e Trump. Ecco perché la questione del comando (necessariamente dal centro e dall’altro (con la foglia di fico delle consultazioni in rete) appare decisiva. Può vincere e governare questa “cosa” nuova? Sì, se riuscirà a presentarsi, ancora una volta, come la sola alternativa all’inciucio della vecchia politica.

Perché, allora, Renzi consegna a Grillo una tale occasione? Perché, dopo la scelta consumata all’indomani del 4 dicembre, quando disse ai 20 milioni di No “sbagliate tutti, sono io il futuro del paese” la sua strada è obbligata. Allearsi con Berlusconi, sperando che prima o poi, l’ottantunenne Caimano gli consegni lo scrigno dei suoi famosi voti “moderati”. Renzi può solo cercare di “sfondare a destra”. Perciò deve rompere con quello che resta ancora di sinistra nella sinistra, con la Cgil, con chi ha votato No al referendum, con chiunque possa evocare figure come Corbyn, Sanders, Iglesias. Così sta riuscendo nel capolavoro di allontanare dal Pd persino Giuliano Pisapia, il quale non si può dire che non abbia fatto di tutto per restare ancorato al Pd e alle primarie di coalizione. Ora invece deve scendere in campo, a costo di proporsi come alternativa: “Pronto a fare il leader della sinistra. Ecco il mio nuovo patto per l’Italia”. Intervista di Pisapia e titolo che troverete sulla Stampa.

E Gentiloni? Solo una marionetta nelle mani dell’uomo di Rignano? Non proprio Il premier lavora con l’Europa, con Draghi, con i ministri tecnici. Ieri, mansueto come sempre, si è preso un caffè con i presidenti delle Camere. Secondo Verderami, Corriere, avrebbe detto loro: “Si voti subito (cioè a settembre) o a scadenza naturale”.
Significa: o ci lasciate fare, a me e a Padoan, la legge di bilancio per l’anno in corso, sfruttando l’occasione che si apre con una Europa sempre più schierata contro Trump e che perciò non vuole perdersi per strada l’Italia, oppure campagna in agosto e voto a settembre. In quel caso dei conti si occuperà il futuro governo, guidato da Renzi o da Di Maio, o più probabilmente da un nuovo “tecnico” imposto da Draghi, dalla Merkel e da Macron. Renzi rischia grosso. “Giunto all’azzardo più grande della sua carriera politica – scrive ancora Folli – ha una sola carta da calare sul tavolo: quella su cui c’è scritto vittoria netta nelle urne, maggioranza sicura e nuovo governo nel giro di poche settimane. Se sarà così, l’abbandono del maggioritario verrà dimenticato. Altrimenti, il Pd è già pronto a ridimensionare il suo leader. Forse a sbarazzarsene”.

Rebus sic stantibus, il gioco si fa duro. Le scelte appaiono meno fumose e gli elettori nonostante il veleno delle propagande, potranno scegliere in coscienza. A proposito di questo fumo maleodorante delle macchine del fango e di partito, sia lode a Mattia Feltri che rivela l’ultimo autogol dei ragazzi del Renzi. “Una giovane dirigente del Pd pubblica su Twitter la foto di una giovane grillina e di un suo intervento su Facebook in cui dice che i negri le «fanno schifo» e «vivono in capanne di paglia e merda». Si sente già l’odore del sangue, vero?” Qualche ora dopo interviene su Facebook un altro giovane dice: “Sono il portavoce del candidato sindaco Pd di Canosa di Puglia in cui vive la grillina, fermatevi, vi prego, la conosco, è un’avversaria ma è una brava ragazza, in paese aiuta gli immigrati, le frasi che leggete erano un intervento a presa in giro dei razzisti veri”. Titolo: Il Tempo della faida.

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