“Non voteremo la fiducia al governo per la scuola in Senato perché non possiamo accettare un’altra riforma finta, una nuova rottura con milioni di elettori, l’ennesima mortificazione del Parlamento.

Noi avevamo apprezzato le intenzioni del Presidente del Consiglio quando per primo aveva messo al primo posto la scuola. E avevamo sperato ancora quando, dopo la dolorosa bocciatura dello sciopero del 5 maggio, Renzi aveva annunciato a Porta a Porta di voler convocare ai primi di luglio una conferenza nazionale della scuola.

Purtroppo è prevalsa un’altra logica, quella dell’atto di forza. Francamente non riusciamo a capire il perché. Avevamo dimostrato come le assunzioni si potessero fare comunque. Avevamo avanzato proposte nel merito, sull’organico dell’autonomia, che miglioravano la legge. E in commissione Cultura – l’ha riconosciuto con onestà il presidente Marcucci – non c’è stato ostruzionismo da parte delle opposizioni.
In pochi mesi sono stati aperti conflitti micidiali con una parte rilevante dell’elettorato sui diritti dei lavoratori, sugli scarabocchi al bel testo della Costituzione, sulle devastazioni ambientali delle trivelle marine, sui tentativi di condoni fiscali o ora sulla scuola.

Cosa si aspetta ancora ad aprire una discussione vera, a proporre un cambiamento di rotta? Si invoca la disciplina di partito. Ma oggi il Pd si può dire un partito? Evitiamo la finzione: è un campo politico attraversato da flussi elettorali mutevoli, rappresentato da un leader assoluto, che perde iscritti e attrae notabili.

Un partito che abbia l’ambizione di cambiare il paese deve coinvolgere la sua generosa risorsa di volontariato politico. Deve essere una casa di vetro, in cui si discutono in modo trasparente le scelte senza diktat dall’alto. Deve essere capace di prevenire tentativi d’inquinamento. Un partito dove non si lasciano votare alle primarie persone che hanno una diversa appartenenza politica. Solo così ci si sente poi impegnati a so
stenere quelle scelte in Parlamento o nell’azione di governo.

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