Le bugie vengono a galla. “Ci sono voluti – scrive Roberto Toscano su Repubblica – 7 anni, 12 volumi, più di 2 milioni e mezzo di parole, quante ne ha scritte Tolstoj in Guerra e Pace (ha calcolato il New York Times), per stabilire, infine, che l’invasione dell’Iraq voluta da Bush Jr, con Tony Blair al suo fianco, era non solo inutile, ma anche disastrosa”. Può darsi che non ve ne ricordiate: tutta la stampa internazionale ed italiana ritenne, allora, che la guerra fosse inevitabile. Anche noi italiani andammo in Iraq (by Berlusconi) e 19 soldati persero poi la vita nell’attentato di Nāsiriya. Eppure già nel 2003 era evidente come la guerra fosse illegale (l’Onu non l’aveva autorizzata), come Saddam non fosse un pericolo diretto per inglesi e americani (non possedeva armi di distruzione di massa), come ci fossero strade diverse dalla guerra per sbarazzarsi del regime iracheno (Pannella li indicò con chiarezza). Sono cose che ho detto e che ho scritto dall’America (dal 2003 al 2006), sentendo intorno il silenzio infastidito (se non il disprezzo) dei politici ma anche dei grandi giornalisti di allora, che sono grandi ancora. Guerra e Pace, di Tolstoy-Chilcot, restituisce la verità. Finalmente.

I will be with you, whatever. “Voglio essere con te in qualunque caso”, il 28 luglio del 2002 così esordiva Tony Blair in una lettera a George W. Bush con cui gli garantiva anzitempo l’appoggio britannico alla guerra in Iraq. In quei mesi Osama Ben Laden si nascondeva lungo la frontiera tra Afganistan e Pakistan. Sconfitto, allo stremo, poteva essere catturato. Ma gli Stati Uniti preferirono allentare la morsa in Afganistan e trovare un nuovo nemico, colpire un bersaglio più grosso, l’Iraq di Saddam Hussein. Ma il leader del New Labour, il modello per i nuovi socialisti europei di ieri e di oggi prometteva fedeltà a Bush whatever. Come meravigliarsi se gli epigoni di Blair (Hollande e Valls) ieri hanno imposto per la seconda volta, senza dibattito in Parlamento, il jobs act francese, dopo ben 12 scioperi e altrettante manifestazioni di piazza? E perché stupirsi che Gonzales, un’altra icona del socialismo europeo, chieda oggi (El Pais) ai socialisti spagnoli di appoggiare Rajoy?

Le scuse (dovute) mai date. Titolo di un fondo di Paolo Mieli sul Corriere a proposito del “caso Ilaria Capua”, la scienziata (e deputata per Scelta Civica) ingiustamente accusata di traffico di virus. Si è dimessa e se ne è andata all’estero, prima che fosse riconosciuto il mendacio delle accuse. Chi dovrebbe chiederle scusa? I magistrati inquirenti e giudicanti, che non hanno neppure voluta sentirla. Non l’hanno fatto. Nè l’ha ancora fatto il gruppo L’Espresso che – scrive Mieli – “due anni fa decise di inchiodare la Capua in copertina alla stregua di una «trafficante di virus». Le ha chiesto invece scusa, dopo averla cercata in America, “la deputata grillina Silvia Chimienti (la quale) ne chiese le immediate dimissioni”. Dunque Mieli e il Corriere polemizzano con il gruppo editoriale concorrente. Beghe tra giornalisti? Purtroppo non infondate. Repubblica è ormai il giornale del credibile ma non del vero, il giornale che usa dossier giudiziari come verità rivelata, che prende delle interviste solo quel che gli serve per confermare il titolo deciso già prima. E non che chiede scusa.

Emmanuel, il suo nome vuol dire “Dio è con noi”. Ma Dio non l’ha protetto come lui invece ha provato a proteggere la compagna della vita, la “scimmia nera, come l’aveva apostrofata l’Italiano ora indiziato per la morte di Emmanuel. Scrive Gramellini: “Non ci capisco più niente, Emmanuel. Sei sopravvissuto ai terroristi, agli scafisti e a un mare in tempesta per farti dare la morte da un razzista di paese”. “Scampato dalla furia islamica, ucciso da una bestia italiana”, titola il Giornale, che aveva chiamato “bestie islamiche” gli assassini di Dacca e ora (per par condicio?) cerca di recuperare chiamando “bestia” l’assassino di Emmanuel.

Lavori per Expo, favori alla mafia. 11 arresti a Milano. Dall’inchiesta Pizza e Fichi (chiamo fichi il posto alle Poste da 160mila euro trovato al fratello di Alfano e la segnalazione di tanti curriculum fa parte dal padre) escono fuori i nomi di Legnini, vice presidente CSM, e di Lotti. Non vuol dire affatto che costoro abbiano una qualche responsabilità penale, né che ne abbia il ministro dell’interno. Ma l’odore è mefitico. Forse a chi si occupa di governare, di giudicare o di informare tutti noi cittadini italiani bisognerebbe chiedere: Chi frequenti? Con chi mostri confidenza al telefono? Con chi vai a cena? Ecco la questione morale e politica!

Renzi, il bullo: “Monte dei Paschi di Siena? Pensino i tedeschi a Deutsche Bank”, che ha in pancia una pesantissima zavorra di derivati non esigibili. Federico Fubini spiega, però, che i margini di manovra del premier per salvare le banche italiane (con soldi dei contribuenti) senza mettere sul lastrico chi (imprudente o ingannato) ha comprato obbligazioni spazzatura, sono estremamente ridotti. Di più, il mal comune rende tutto più drammatico. Ci sono pure i fondi britannici che non rifinanziato le grandi società immobiliari. Tutto ciò fa temere un’altra catastrofe finanziaria come quella del 2007, stavolta con epicentro in Europa. La politica “realista” compiace, con battutine, i giornalisti di casa. Per il resto incrocia le dita.

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