Sharing sembra la parola d’ordine. Condividendo. Cosa? Quel poco che c’è, quel meno che si capisce. Corriere e Repubblica si dividono i 2 miliardi, tutto qui, di cui il governo pare possa disporre. “Un miliardo per il rinvio” dell’Iva, dice il quotidiano di via Solferino. “Solo un miliardo per il lavoro” fa eco il quotidiano di Ezio Mauro. Romano Prodi vorrebbe condividere il suo “my game is over”, la mia corsa è finita, con Silvio Berlusconi. E lo scrive in una lettera al Corriere. Berlusconi condivide con Josepha Idem l’attesa, trepidante, per quel che oggi potrebbe succedere. Gli occhi del Cavaliere puntati su Milano, dove tre donne giudici diranno se “bunga bunga” fosse un sinonimo di “cena elegante”. Quelli della ministra puntati sugli occhi di Enrico Letta, che dovrebbe dirle, in un colloquio a quattr’occhi, se potrà continuare a lavorare (bene) o se dovrà tornare a Ravenna, per via dei pasticci combinati con tasse, autorizzazioni edilizie e conferenze stampa. Pare che le sentenze potrebbe arrivare, entrambe, in diretta televisiva.

La coppia (accademica) di fatto, Alesina – Giavazzi condivide con Raffaele Bonanni (segretario della Cisl) l’idea di uno scambio. Chiamiamolo scambio delle forbici. Tagli di spesa per tagli di tasse. Le imposte da tagliare sono quelle sul lavoro. Le spese, non è chiaro. Visto che, di questi tempi, anche tagliare la spesa improduttiva (che sarebbe cosa buona e giusta)  rischia di tagliare comunque lavoro, magari assistenziale ma sempre lavoro. E reddito. Sharing: Letta vorrebbe condividere con Berlusconi l’impopolarità del non ancora scongiurato aumento dell’Iva. Fu Lui (con la maiuscola, dunque Silvio) a tornare in Italia con la clausola di salvaguardia, per rassicurare i mercati. Ma va là. Sallusti trova il suo titolo: “la prima bugia di Letta”. Il Giornale spiega che Berlusconi nel 2011 sottoscrisse, sì, la clausola di salvaguardia ma non pronunciò mai la parola Iva. Secondo il principio del si fa ma non si dice. Tanto poi ci pensa “viva e vibrante” ad attribuire ai “tecnici” e al Pd il lavoro sporco del farlo e del dirlo. Sharing.

C’è un articolo di Diamanti, sulla provvisorietà che viviamo, meglio che condividiamo. Governo a tempo. Berlusconi in bilico, come Napolitano, non fosse altro che per l’età. Grillo che vive l’attimo, senza passato né, forse, futuro. Il Pd in attesa di Renzi. E un Parlamento di scopo: deve fare qualcosa che non fa (per esempio cambiare la legge elettorale) e poi potrebbe andar via. La risposta di Diamanti la condivido. Ancora sharing. Serve la Politica, non le politiche, che politiche minuscole son quelle del tirare a campare. Ma la Politica maiuscola non si addice ai professionisti della politica, almeno non a quelli che abbiamo ereditato. Loro sono cresciuti nella convinzione che ci fosse uno Stato da amministrare. Se non bene, almeno meglio di quanto non sapessero fare i loro antagonisti seduti nel lato opposto dell’emiciclo. Una società civile da ascoltare. Qualche miliardo da spendere. Si trovano invece davanti a una complessità inaudita. Per spendere bisogna prima convincere di saper cambiare lo Stato arcaico, lo Stato inefficiente, lottizzato e padrone. Per creare un solo posto di lavoro, si deve riformare il fisco, licenziare (senza affamare) chi tocca un salario per un lavoro non utile, riorganizzare servizi, puntare sull’innovazione e sul merito, ridurre la presa dei partiti su sotto governo e intermediazione economica. Insomma, per vivere bisogna suicidarsi. Riusciranno i nostri eroi? Se li aiutiamo, magari sì!

Certo non aiuta l’ideologia del signor Casaleggio. Il quale, come hanno sempre fatto i filosofi di serie B, davanti a un problema complesso dice che il problema non c’è. Basta democrazia delegata, via ogni mediazione, che sarà mai questo sperimentalismo democratico! Con un clic si revochino i mandati, licenzino i corrotti, si decida se lasciare l’euro o far quella alla Turchia. Il problema non è il clic, è che bisogna saper porre la domanda corretta. Solo così la casalinga di Voghera può utilmente esercitare il suo ruolo nella Politica maiuscola. Ma non c’è nulla di più complesso che porre in modo semplice una domanda. Invece, grazie a un gran numero di guru e di profittatori della semplificazione impropria, la rete rischia di diventare lo specchio dell’impotenza, della presunzione e dell’arroganza.

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