Crolla l’ultima certezza: che l’acqua fosse abbondante a Roma. Così era stato dai tempi dell’Impero, per quella meraviglia di acquedotto avuto in dote, per la generosa riserva del lago di Bracciano. I nasoni – così si chiamano, per via del loro aspetto, le fontanelle romane – dispensavano frescura e acqua buona (migliore della “minerale” in plastica) a tutte le ore del giorno e della notte. Non è più così. Il lago si asciuga, l’acqua potrebbe essere razionata ai romani (ai quali già si rimprovera di consumarne 50 litri al giorno più della media nazionale). Riscaldamento globale, sprechi insostenibili, liti fra amministratori. La Stampa dedica alla siccità la sua apertura, il Corriere le pagine 2 e 3, il Giornale dà la colpa a Raggi e Pd.

Repubblica richiama l’attenzione sull’incontro Gentiloni-Bollorè. Il governo più fragile deve preoccuparsi del disastro lasciato dai predecessori. Perché Telecom è l’emblema delle italiche privatizzazioni per partito preso, senza soldi veri entrati nelle casse dello Stato, con imprenditori pronti a realizzare, vendendo, i profitti per il regalo ricevuto. Ora c’è Bollorè, Vivendi, la France! Bollorè caccia un manager italianissimo – l’ho avuto in Rai – ancorché mediocre, riempiendolo di milioni. Ma il governo si accorge che Telecom gestisce la rete, su cui corrono le nostre voci e tutti i dati. Poi c’è il contenzioso per prendersi i resti dell’Impero Berlusconi, mal protetto dalla famiglia. Gentiloni si preoccupa. Fa bene, ma che carte ha?

Secondo Nando Pagnoncelli, Forza Italia è al 15,1% appaiata alla Lega. Se sommassero i loro voti e li cumulassero anche con quelli della Meloni, sfiorerebbero quel 36% che il PDL di mister B ottenne nel 2008. Ma al tempo c’era il Porcellum: giochi chiusi, maggioranza certa, con libertà di dilaniarsi poi, una volta arrivati al governo. Ora, dopo la sentenza della Corte, la chimera del 40%, soglia minima per accedere al premio, sembra irraggiungibile anche se la destra riuscisse a mettere da parte divisioni ideologiche e rivalità politiche, per presentarsi insieme al voto. Male nei sondaggi il Movimento 5 Stelle, al 27,6%. Peggio il Pd al 26,9. La Sinistra non pervenuta: un 6% diviso in tre liste.

Intanto il quadro si complica. Scalfari si accorge – ma no? – che Macron è l’interprete di un sogno franco-bonapartista: una Europa guidata dal paese che ha la “bomba” e – dopo Brexit – il solo seggio permanente nel consiglio di sicurezza. Maurizio Molinari, che non ha l’età di Eugenio, deve attenersi all’analisi e perciò segnala “4 novità per l’Europa”.

Prima novità sul fronte franco-tedesco: tentativo d’intesa per un’Unione con un solo ministro delle finanze e una difesa comune. Seconda novità, su quello franco-americano: Macron tratta con Trump (invitandolo alla tavola “stellata” in cima alla Tour Eiffel) per contare qualcosa in medio oriente, in Libia e nei rapporti con la Russia. Terzo fronte, quello cino-tedesco: accordi di libero commercio, via della seta, alta tecnologia. La quarta novità verrebbe da un “accordo dei tre mari”: la nuova Europa (dell’est) identitaria e autoritaria, che cerca intese con Trump contro la Russia e per buttare a mare i migranti.

Intanto la capitale del mondo – quella che per 70 anni ha esercitato la sua egemonia – sembra sull’orlo di una crisi di nervi. Il presidente si sveglia e pensa chi può umiliare quel, dicendogli naturalmente “you are fired” (licenziato). Il capo della CIA, il suo portavoce prendi/schiaffi, il suo ministro della giustizia? Quest’ultimo è nei guai già di suo: in campagna elettorale incontrò – nel nome di Trump – l’ambasciatore russo, poi negò la circostanza ma ora è stato scoperto da certe gole profonde della CIA e dal Washington Post.

Nel pomeriggio, compiuto il rito propiziatorio – il sacrificio rituale degli adepti – Trump ci informa di poter cancellare, con il “perdono presidenziale”, ogni inchiesta giudiziaria che lambisca la sua famiglia e la sua persona. Ma è un presidente inefficace. Aveva promesso di costruire un muro alla frontiera col Messico, a spese dei messicani: chi l’ha visto? Aveva giurato di cancellare l’Obama care: affondato dal fuoco amico. Con un cenno avrebbe annullato la minaccia terrorista: ora piagnucola e sostiene che Al-Bagdadi sarebbe stato salvato da uno scoop del New York Times. Il giornale replica di aver fatto leggere il pezzo al Pentagono che l’aveva approvato.

La terra trema e noi filiamo la lana. Aspettando che passi. Un colpo di reni, no? Un grande dibattito, democratico e popolare, sui programmi, su dove ci possa portare la scienza, sulla giustizia sociale senza la quale la società si disunisce, le libertà personali e collettive? Davvero non vogliamo tentare?

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