Assessori in piazza e scontri a Napoli. “Renzi: vado avanti”, è il titolo del Corriere. Repubblica commenta i fatti di ieri facendo un salto nel passato di quasi mezzo secolo e riesumando, con Stefano Folli, il “boia chi molla”, comitato di lotta composto da giovani fascisti e manovrato da uomini d’affare e mafiosi che per lunghi mesi tenne il controllo di Reggio Calabria. Contro lo stato che non voleva farla capitale della regione e contro il vento del Nord: Fiom-Fim-Uilm portarono migliaia di operai fino a Reggio per difendere le istituzioni. Insomma contro l’Italia che voleva rinnovarsi. Oggi il “boia chi molla” partenopeo, sarebbe guidato dal sindaco De Magistris – due suoi assessori erano ieri in piazza -, e riunirebbe un fronte eterogeneo, dai 5 stelle ai centri sociali, forse (chissà?) appoggiato dalla Camorra. Esultano, secondo la Stampa: “I fedelissimi del capo del governo: sono più voti per noi”. Al centro dello scontro, la bonifica e il riuso dell’area ex Ilva di Bagnoli. Il governo promette soldi – non quanti ne servirebbero – e garantisce gli appalti a grandi gruppi, Caltagirone in testa, rifiutando la concertazione con il Comune, riunendo “un tavolo di regia” che serva solo a fare quel che a palazzo Chigi s’è deciso di fare. E naturalmente schiera la polizia in assetto di guerra. Ieri sono rimasti feriti manifestanti e una decina di poliziotti. La visita aveva un’evidente intento elettorale. Così come puzzava di elezioni l’annuncio la promessa dell’altro ieri di un bonus per i pensionati al minimo: oggi i giornali dicono che non se ne farà niente. Renzi ha bisogno cogente di sfidare le opposizioni, per mostrarne la composizione eterogenea e la tenuta improbabile, per costringerle ad esagerare e suscitare un moto d’ordine che legittimi la sua politica, come unico argine al disordine. Intanto al Senato, la maggioranza dei capigruppo ha deciso di spostare al 19 aprile, due giorni dopo il voto referendario sulle trivelle, il dibattito sulle mozioni di sfiducia al governo per il TrivelleGate.

Lo scontro tra il clan Gemelli e gli uomini di Renzi, titolo della Stampa. Le intercettazioni dell’ex ministra Guidi e del suo ex compagno, sono una miniera. La ministra odia il suo vice, De Vincenti, e dice che l’hanno messo là per commissionarla “quelli del quartierino”, così come avrebbero messo Pier Carlo (Padoan) all’economia, per controllare Renzi. Gemelli l’accusa di sdraiarsi su Renzi quando si spende per l’aeroporto di Firenze, Guidi gli rinfaccia la sua amicizia con la Finocchiaro. Uno scontro tra clan, tra gruppi di potere. Pure tra mafie? Paolo Mieli – certo, sempre fingendo di parlare di storia “Antimafia, la profezia di Sciascia” – scrive come il caso Gemelli-Guidi accenda i riflettori su confindustria siciliana, che appoggia Crocetta e Renzi, che campa distribuendo (anche grazie agli uffici del senatore Lumia) patenti di anti-mafiosità e ha un capo, Montante, indagato per concorso esterno con la mafia, nonché molti soci con le mani in pasta in affari di mafia, traffico di influenza, corruzione, intermediazione clientelare. Ne ho scritto su Left, proponendo che si sciolga, dopo mezzo secolo, l’antimafia che rilascia “distintivi” e per creare una commissione contro la corruzione, i reati di politici e colletti bianchi. Segui la scia, e trovi le mafie!

Rosy Bindi convoca Maggioni e Campo dall’Orto per chiedergli conto della performance, ieri notte, del figlio di Riina a Porta a Porta. Vespa doveva invitarlo o, come ha detto Bindi, invitandolo ha fatto “negazionismo della mafia”? Mi permetto di osservare che nessun paese democratico, nessuna opinione pubblica avvertita avrebbe tollerato una trasmissione come quella che Bruno Vespa dirige e conduce da venti anni, così sempre prona al potere e così insultante con chi potere non ha. Lo stesso trattamento che l’ex direttore del Tg1 ha riservato a Berlusconi, a Renzi, in ultimo a Maria Elena Boschi, lo riserva pure ai Casamonica e ai Riina. Dubitate che Riina o Casamonica, o Cuffaro, abbiano potere? Beh, fate male. Date un’occhiata a quel che Cantone dice della Sanità. “In 2 milioni costretti a pagare tangenti (persino sulle) liste d’attesa”, Repubblica: capirete in che paese viviamo. In questo paese Vespa fa il ciambellano della Corte. Se sopportate la corte, accettate la Vespa.

Dall’estero. Non era mai successo che le primarie dello stato di New York potessero decidere il destino delle presidenziali: la corsa veniva di solito decisa prima. Invece il 19 aprile Trump ha bisogno di vincere a New York per fugare il rischio di una Convention aperta che lo rovesci, e Clinton che schiera tutto il partito – il governatore Cuomo, la moglie del sindaco de Blasio – deve rifarsi dopo 7 sconfitte su 8 voti subite ad opera di Sanders. A Parigi – racconta Anais Ginori per Repubblica – la rivolta dei giovani contro il jobs-act continua dal 31 di marzo. Hollande è ormai un candidato imbarazzante ma spera, come Renzi, di poter essere rimesso in gioco dalla pochezza (e dagli altarini) degli avversari, Le Pen e Sarkozy. Se però la destra – scrive Valli – scegliesse Juppè, un settantenne messo da parte nel 96, non ci sarebbe partita. É saltato l’accordo tra Pfizer (viagra) e Allergan (botox) perché serviva solo a eludere le tasse in America. Dopo che Obama ha annunciato regole nuove, non serve più.

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