Enrico Letta va dicendo che se cade il (suo) governo tutti dovremo pagare l’IMU e la prossima legge finanziaria ce la farà l’Europa.  Ma, dei giornali, non molti gli corrono dietro. E se lo fanno mostrano, a me pare, un certo imbarazzo. Il Sole24Ore intervista il commissario europeo per l’economia: “Rhen, un altra manovra? Dovrà decidere l’Italia”. Solo nel sottotitolo si cita Letta: “ma se cade il governo si paga l’IMU e la legge la fa Bruxelles”. Il Corriere della Sera, tornato in edicola dopo uno sciopero di 24 ore contro l’alienazione della storica sede di via Solferino, annuncia: “Piano per blindare i conti”. Che vuol dire? Una nuova “finanziaria”, come fa temere il Sole, rinuncia a qualche investimento già annunciato, aumento dell’IVA. Presto lo sapremo.
Repubblica non se l sente di fare il titolo che dovrebbe. “Basta, B. ci ha stufato, abbaia e non morde. È una pistola scarica”. Allora si attacca all’ultimo scontro, direi uno “scontrino”. “Berlusconi, scontro sul voto segreto”. A pagina 2 il giurista Onida spiega che i cittadini avrebbero diritto di sapere chi vota perché il cavaliere resti in Senato e chi invece vuole che le leggi siano rispettate anche nel suo caso. Ma aggiunge: “deroga una tantum vietata”. Sallusti, direttore del Giornale, sfiancato dai continui voltafaccia del Cav (mercoledì non ritirerà i ministri né riunirà i gruppi parlamentari) prende la palla al balzo: “Vogliono cambiare le regole. Imbroglio in vista” Mentre Il Fatto ronza come un calabrone intorno alle scelte quirinalizie: “E Amato istruì la testimone. Non fare i nomi, niente frittate”. Si tratta di una telefonata, penalmente irrilevante, in cui il craxiano dottor sottile consigliava a una signora di difendere il marito coinvolto in un’inchiesta per tangenti, ma “senza fare i nomi di altri”.

 

Tutto sommato, meglio la Stampa. La modestissima “novità” della politica “Letta: se cade il governo si paga l’IMU”, impaginata sotto una foto grande del segretario di stato americano John Kerry e del ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov. Il titolo forte dice: “Siria, intesa USA – Russia. Ultimatum ad Assad: 7 giorni per consegnare la lista delle armi chimiche”. E questa è una notizia. Non si parla di intervento militare ma si mette Assad sul banco degli imputati. E fra una settimana avremo il rapporto sull’uso del gas. Il segretario dell’Onu promette “prove, non accuse” contro Assad. Certo, poi, i commentatori non credono che l’accordo Kerry – Lavrov sia del tutto sincero, sospettano che la Russia farà marcia indietro davanti al rischio che le Nazioni Unite condannino formalmente Assad, premessa per rovesciarlo. Ma se è vero che i “ribelli” sunniti, filo Qatar e Turchia e amici dei Fratelli Musulmani, sono delusi perché il blitz non c’è stato, è vero pure che il regime siriano vede annacquarsi l’accordo su cui contava di Iran e Russia. Su la Stampa, da non perdere l’intervista a Leonardo Boff, ex francescano, teologo della liberazione brasiliano. Dialoga con Papa Francesco e parla ora bene anche di Ratzinger, “che ha avuto il coraggio di difendersi”. Nella chiesa, come nel mondo, qualcosa si muove.

 

In 24 ore ho partecipato a 3 feste democratiche, perciò il punto che avevo promesso per le ore 20 è diventato saltuario. A Pordenone, Bassano del Grappa e Padova con Casson. Dovunque molto interesse e una forte richiesta di cambiamento. Ecco le domande del pubblico, ieri sera a Padova: “Perché ogni volta che B. chiede tempo per salvarsi da una sconfitta, glielo diamo?” “Come affrontare il congresso senza che ci si dia conto del tradimento dei 101?”. “Perché abbiamo sempre evitati di fare i conti con il conflitto di interesse?” ”Perché non facciamo subito la legge elettorale, il porcellum è un insulto ai cittadini”. Poi certo, a notte tarda, a tavola con i dirigenti, torna il problema del posizionamento, di chi scegliere per il congresso, “il movimentista”, “quello del “proviamo a vincere”, quello del “no a un uomo solo al comando”. Ma nessuno ha dubbi: il partito vivrà solo se avrà il coraggio di parlare di politica, superare le larghe intese, dire all’Italia cosa vuole la sinistra e misurarsi con il giudizio degli elettori. Quanto alla scelta congressuale, spiego sempre che la cosa giusta è vedere le carte: chiedere a Renzi, Cuperlo, Civati e Pittella come rispondono alle domande dei nostri elettori, che proposte fanno, quali impegni sono disposti a prendere. Stasera sono a Palermo per ascoltare Gianni Cuperlo

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