Un barile salva banche lanciato da Renzi a Junker che torna in faccia a Renzi. “Scaricabarile”: Giannelli la vede così. Duri i titoli di Corriere e Repubblica: “Banche lo schiaffo dell’Europa”, “UE, accuse a Governo e bankitalia”, e dei fogli d’opposizione: “Il salva banche non salva Renzi” (Giornale), “Chi paga il conto” (il manifesto). Che cosa è successo? Che l’Europa ha accusato le nostre banche di aver truffato tanti poveri cristi come Luigi D’Angelo, proponendo “ai risparmiatori – così dice Repubblica – titoli invendibili”. Da parte sua Banca d’Italia si tira fuori: “Avevamo chiesto di non vendere i bond rischiosi”, dice Salvatore Rossi a Cazzullo e al Corriere. Il cerino resta, allora, nelle mani di Renzi e di Padoan. Anche se questo scandalo va avanti dal 2008 e dunque coinvolge più governi, anche se l’Europa ha reso più difficile proteggere dalle truffe i risparmiatori, dopo che la Germania, come al solito molto lesta, aveva salvato le sue banche e i suoi risparmiatori. Mi pare che Renzi paghi oggi il suo decisionismo spavaldo – il salva banche deciso una domenica pomeriggio – e la contiguità del Giglio Magico (Boschi, lo stesso premier) con il sistema di potere che ruotava intorno alle banche truffatrici, prima fra tutte quella dell’Etruria.

Etruria, banca spolpata tra fidi ai consiglieri e yacht fantasma, Alberto Statera racconta di “13 ricchi ex amministratori e 5 ex sindaci di Banca Etruria che probabilmente non restituiranno mai i 185 milioni che si sono auto concessi con 198 posizioni di fido finiti in “sofferenza” e in “incaglio”, settore che in banca curava Emanuele Boschi, fratello del super-ministro Maria Elena. Né, visti i precedenti, restituiranno i 14 milioni riscossi di gettoni negli ultimi cinque anni”. Intorno a Banca Etruria che “non si tocca”, come “andava proclamando l’ex sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani” -poi promesso da Renzi al CSM – giravano -spiega Statera – affaristi spregiudicati e massoni, clienti di ogni governo che si è succeduto. Costoro non perderanno nulla; anzi. Luigi D’Angelo ha perso 110mila euro e si è impiccato.

Lo scontro fra l’Italia e l’Europa. Ora il premier pensa a un fondo – di 50 o di 100 milioni di euro – per risarcire almeno una parte dei risparmiatori – “Ecco il salva obbligazioni”, titola La Stampa – e non esclude l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. Tuttavia lo scontro con l’Europa, dice Mario Deaglio, si è ormai consumato e non è che l’ultimo episodio di una serie di dissapori. Scontro sulla legge di stabilità (Renzi vuole il sì subito, la commissione nicchia), “critiche europee agli sgravi fiscali sui fabbricati”, “procedure d’infrazione per non aver schedato i migranti e “non aver sradicato abbastanza ulivi nella lotta contro la xylella”, dissenso sulle sanzioni alla Russia (che l’Italia vuole ridiscutere). Si potrebbe aggiungere – lo fa in parte Marcello Sorgi – il fatto che il nostro governo non sia corso in aiuto della Francia, come hanno fatto Germania e Gran Bretagna, nella lotta contro il Daesh in Siria, forse perché aspetta un qualcosa da fare in Libia, anche se non si sa ancora cosa. Intendiamoci, su molti di questi dossier l’Italia avrebbe buone ragioni per farsi valere. Resta che il nostro premier, dopo aver giocato al primo della classe con la Merkel, ha cambiato verso ma in modo disordinato e estemporaneo, alla ricerca evidente del consenso in Italia, anche a costo di perdere credibilità sulla scena internazionale.

Renziani con i sindaci su Repubblica, contro sul Corriere. A Piero Ignazi (Repubblica) piace l’appello di Doria, Pisapia e Zedda e ritiene Renzi dovrebbe accoglierlo. “Il Partito democratico, non può pensare di governare dovunque, solo contro tutti. Il Pd deve uscire dall’abbaglio del 41% delle europee. Si è cullato troppo a lungo nella convinzione di essere diventato egemone, l’unico player in campo. Invece, per vincere è necessario, come ricordano i sindaci, ampliare il fronte a tutti coloro che condividono gli ideali e i valori del centrosinistra al di là delle divergenze sulle singole politiche”. Peccato che un renziano doc come Nardella dica a Cazzullo e al Corriere: “Lo schema della contrapposizione tra destra e sinistra non è più sufficiente. L’appello dei sindaci mi pare la nostalgia per una restaurazione impossibile. Non so come (Renzi) possa riunire la sinistra. Quale sinistra, poi? Quella antisistema? La svolta di Tsipras dimostra che la scorciatoia dei populismi è sbarrata, ammesso che sia mai esistita. Quella socialdemocratica? Ma la socialdemocrazia in tutta Europa è alla canna del gas”. Così Nardella. A me pare che il segretario e premier non intenda concedere proprio nulla né alla sinistra né alla minoranza né ai sindaci. Che voglia solo il voto di tutti per i suoi candidati al ballottaggio, quali che siano quelli che ha scelto.

Filippo Penati doveva essere la prova vivente che il sistema della corruzione fosse arrivato fino a Bersani, nel 2011 principale indiziato come futuro Presidente del Consiglio, dopo la caduta (che ormai appariva inevitabile) di Berlusconi. Come sappiamo, Bersani non è mai entrato a Palazzo Chigi. Dopo 4 anni Penati è stato assolto. Solo il Fatto vede ancora un’ombra perché in altro procedimento l’ex presidente della provincia di Milano è stato prescritto e non assolto. Non conosco le carte, sto all’assoluzione di oggi “perché il fatto non sussiste”. E dico che giornali e indignati dovrebbero smettere di considerare i potenti tutti ugualmente colpevoli. Anche per evitare che la facciano franca i più colpevoli.

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