La testa di Tsipras. È questa la posta. Lo dimostra la catena dei fatti. Prima Junker propone un nuovo piano di aiuti e di tagli ma chiede in cambio l’annullamento del referendum o che il governo greco si schieri per il sì. Tsipras ribatte chiedendo che si si scriva nel documento quello che tutti sanno, e cioè che la Grecia non potrà mai pagare per intero il suo debito. Ecco che Angela Merkel si prende il centro della scena e dice: nessun salvataggio prima del voto di domenica. I Greci votino con le banche chiuse, i pensionati spaventati in coda e la minaccia del fallimento. A questo punto Tsipras ha due strade: arrendersi subito e rassegnare le dimissioni, o chiedere agli elettori di fare il miracolo, di votare in massa no, per poter restare nell’euro ma da cittadini. È quello che fa. Il testo del discorso lo pubblica i manifesto.

I due volti della “vittoria”. “Merkel boccia la Grecia”, scrive la Stampa. “Berlino rompe: ci vuole un nuovo leader”, Repubblica. È il primo volto, è quello della Cancelliera, sicura nei suoi stivali, pronta a radiare dall’Europa l’anomalia del governo di Syriza. Il secondo volto celebra la grandezza tedesca all’incontrario, narrando il suicidio annunciato dell’incauto avversario. “Tsipras insiste, trattativa bloccata”, scrive Corriere. “Greci sulle barricate divisi, confusi, pessimisti. Primo sindaggio a favore del “si”, fa eco Repubblica. Solo il  manifesto si ricorda di un vecchio film  di Costa Gravas, sul colpo di stato dei colonnelli greci, e titola “L’orgia del potere”.

Strategia con divisa. Giannelli disegna Renzi in divisa da ufficiale prussiano, dritto sull’attenti davanti al comandante Merkel. “Renzi si inchina alla Merkel” fa eco il Giornale. “Con Angela per archiviare Tsipras”, ammicca Repubblica. Ma a fin di bene -spiega la Stampa- perché solo all’ombra di Berlino  “Può nascere (secondo Renzi) una nuova Europa”. Però sul Corriere, Monti, pur d’accordo sull’essenziale con Renzi, lo taccia di “grossolanità” ,di andare ai vertici pensando solo agli interessi di casa propria, ai sondaggi, alle elezioni successive”. E alla fine lo affonda “se i leader si imprigionano nello schema delle 140 battute di un tweet allora non sono leader, ma follower”

Voglio sperare che Atene non sia la nostra Sarajevo. Ne avevo scritto giorni fa nel caffè, ma ora è Romano Prodi, certo più autorevole, ad evocare quel paragone di 101 anni fa. Il mondo guardava all’attentato di Sarajevo ma senza capire appieno che stava andando in scena l’inizio della fine, che quei fatti preparavano l’orrore carneficina mondiale. Sull’Europa: “Senza autorità federale sarà proprio l’Unione a fallire”. Sul debito: “mi madre mi diceva che dai cattivi debitori si prende quelloi che viene. Si poteva tagliare il debito i imporre sacrifici in modo sopportabile”. Così Prodi. Cosa aggiungere? Che l’Italia dovrebbe dire no alla Germania e appoggiare il no dei greci al referendum, non per aiutare Atene, ma per se stessa e per l’Europa. Renzi non ha una visione, non ha un’idea di futuro. Si dimostra un furbo di provincia

E queste due signore? A pagina 14 Repubblica immortala Maria Elena Boschi e Anna Finocchiaro. Erano in competizione, un anno fa. Se il Senato dovesse essere composto da sindaci e Presidenti di Regione o invece da consiglieri regionali. Però si mostrarono unite come un sul uomo (facendomi sbattere fuori dalla commissione) contro chi chiedeva un Senato delle Garanzie che non votasse la fiducia ma le leggi di rilevanza costituzionale e che naturalmente fosse eletto dal popolo. Un anno dopo vorrebbero cambiare il loro testo costituzionale: “Senato elettivo più vicino”, scrive Repubblica. Comprereste un’auto usata da due così belle signore? Suvvia, la Costituzione è cosa seria!

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