L’ombra del terrore sul voto Usa, Corriere della Sera. Più assertiva, La Stampa titola: “A New York le bombe dei terroristi”. Per la verità non c’è evidenza che l’ordigno esploso sabato sera a Chelsea – 29 feriti – sia riconducibile alla jihad islamica. Anche se poco lontano è stata trovata un’altra bomba inesplosa: una pentola a pressione, con chiodi e detonatore, simile a quella che fece strage alla maratona di Boston e simile anche all’ordigno che il Gruppo Islamico Armato usò a Parigi nel lontano 1995. Quanto all’accoltellatore del Minnesota, americano di origini somale, studente universitario e guardia giurata, l’Isis lo ha definito un suo “soldato”. Stanotte, poi, è stato trovato uno zaino con esplosivi vicino ai binari della stazione Elizabeth, nel New Jersey, dall’altra parte dell fiume Hudson, di fronte a Manhattan, dove oggi si apre un’assemblea dell’ONU. Preoccupazione più che giustificata.

Effetto profughi a Berlino: perde la Merkel, scrive Repubblica. Nella capitale tedesca, da sempre di sinistra, Alternative für Deutschland, partito anti immigrati, ha preso il 14,2% dei voti. Ma ha fatto bene anche la Linke, partito post comunista, che avendo guadagnato 4 punti percentuali, diventa terzo partito con un pesante 15,6%. I Verdi si attestano al 15,2%, i liberali, tornano in Parlamento con il 6,7%. A me pare che la vera notizia sia la crisi, ormai evidente, del bipolarismo tedesco. L’Spd ha perso il 6,7% dei consensi, il partito della Merkel il 5,7%. Restano primo e secondo partito ma, sommando i loro voti, non arrivano al 40% dei voti. Ciò vuol dire che non potranno dar vita a Belrino a una nuova grosse koalition. Governare insieme li ha debilitati. I tedeschi sembrano stanchi del pensiero unico, evidentemente cercano strade diverse nuove proposte. La Germania è stata teatro di una forte protesta contro il Ttip, l’accordo di libero commercio voluto dalle multinazionali. Mentre fra i dipendenti cresce la domanda di aumenti salariali e tra i risparmiatori, il malumore per i tassi di rendimento bassi e la politica della BCE.

“Cambiare politica sull’immigrazione”, lo ha chiesto al governo il sindaco di Milano e Repubblica ne ha fatto il suo primo titolo. Sala come Maroni? No. Sembra di capire che il sindaco dell’expo chieda ad Alfano e a Renzi di non trattare più l’accoglienza migranti come se si trattasse di una emergenza temporanea. Spedendo gruppi di poveri disgraziati a questo o a quel comune. Richiesta ragionevole, se fosse poi accompagnata da un impegno operativo. A quanti migranti Milano può dare lavoro, in quali strutture ospitarli, cosa intende fare il comune per integrarli? Repubblica ospita anche un’intervista a De Magistris, che polemizza in modo garbato con Pisapia. Il sindaco di Napoli sostiene che le riforme del governo “muovono verso una struttura oligarchica” e una “concentrazione del potere nelle mani del premier”. Dunque De Magistris si spenderà per il No al referendum, a differenza di Pisapia che aveva annunciato il suo “non No”, che è poi un Sì doroteo, come ha fatto notare Fassina. Dietro questo fioretto tra i due ex sindaci arancione si leggono due ipotesi per la sinistra. De Magistris si candida a diventare il leader di una coalizione che sfidi il Pd di Renzi, Pisapia a guidare quella parte della sinistra che fosse comunque disposta a collaborare con il partito del premier-segretario. Sono chiare le intenzioni, ma sia l’uno che l’altro dovrebbero fare un passo avanti. Pisapia dovrebbe dire con quali artifici egli pensi di poter influenzare un Renzi rafforzato dalla vittoria dei Sì. De Magistris dovrebbe spiegare cosa proporrà al paese, se i No daranno “un colpo durissimo” al premier.

La Russia accusa gli Stati Uniti: aiutate Daesh. E in effetti, visto in televisione il film del bombardamento, è difficile credere che gli americani abbiano centrato per errore quella che era, con tutta evidenza, una caserma dell’esercito di Assad. Più probabile che al pentagono qualcuno ha deciso di sbagliare. Perché i militari americani non vogliono condividere con i russi informazioni e piani d’attacco. Dall’altra parte Assad ha utilizzato l’occasione per riprendere i bombardamenti su Aleppo: più si rafforza (per le altrui debolezze) più getta sale sulla piaga della guerra civile. Kerry aveva tentato la via dell’intesa con Lavrov; purtroppo il ministro degli esteri di un presidente che sta per lasciare ha un potere limitato di comando sulla sua stessa amministrazione. Insomma gli americani aspettano gennaio, quando avranno il nuovo Commander in chief. Putin si rafforza e aspetta. Ieri ha rivinto le elezioni russe (scarsa l’affluenza alle urne) e in più ha sancito l’annessione della Crimea, i cui cittadini hanno partecipato al voto per la Duma russa. L’Europa? Divisa in conventicole! Giannelli disegna Renzi, Merkel e Hollande vestiti da monaci di tre diversi ordini monastici. “Tutti vogliono prendere i voti”. Non quelli religiosi, quelli degli elettori. Di casa propria.

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