La fine è nota. Le conseguenze, meno.

1) Il centro destra non c’è più. I fuochi d’artificio di Salvini, che ha provato a tenere in piedi l’alleanza con l’opposizione e la maggioranza di governo, ne hanno provocato la deflagrazione. Meloni ha deciso di far da sé. Tiene la porta aperta alla Lega, ma per ribaltarne le alleanze e andare al voto come destra-destra.

2) Mattarella è di nuovo Presidente. Su richiesta di tanti parlamentari senza nome, stanchi dei loro capi. E per intercessione di Mario Draghi. Il suo ritorno non è quello di un garante, di un notaio della Costituzione, ma di una vera guida politica, forse l’unica che possa garantire stabilità al paese.  Mattarella nominò Draghi, convinto che le alleanze contrapposte non fossero in grado di governare. Draghi ha richiamato Mattarella per poter resistere alle pressioni dei partiti.

3) Letta sostiene di aver trovato il “campo largo”, dato che nel momento della crisi Di Maio, Renzi, Fratoianni e Toti, gli hanno dato una mano a “proteggere” Draghi. Almeno a Palazzo Chigi, visto che Conte e Salvini non lo volevano al Quirinale. Ma della alleanza dei “progressisti”, Pd e 5Stelle, gli resta poco. Dopo che Conte e Grillo si sono spesi per una eccellente candidata, ma la cui nomina, sostenuta da Meloni, avrebbe messo Draghi nei guai.

4) Si è visto all’opera questa settimana il famoso “Centro”. Area con molti umori e colori. Da cultori della Prima Repubblica come Mastella, a innovatori spregiudicati come Renzi, da Franceschini fondatore del Pd, a Toti già enfant gâté di Berlusconi.  Avrebbero voluto Casini presidente. Alla crisi di governo, hanno preferito Mattarella e Draghi. Mi pare difficile che possano formare un partito e assai improbabile che diventino, come gli piacerebbe, cuore e cervello delle due alleanze contrapposte, ma potrebbero spingere per  una legge proporzionale, per rendersi autonomi.

5) Tuttavia, se votassimo con la proporzionale, ancora una volta il Presidente della Repubblica sarebbe chiamato a ricucire il sipario strappato della rappresentanza. A quel punto penso che a Mattarella piacerebbe dimettersi, lasciando  il compito a Draghi. Ma mi chiedo se sia immaginabile consegnarci il paese a una  settimana di passione come quella appena conclusa. La questione dell’elezione diretta del Presidente è dunque posta. Ma ha ragione Amato, da ieri a capo della Consulta quando dice che  “la si può introdurre solo cambiando l’intero sistema”.

Mi pare di aver riassunto l’essenziale della crisi politico -istituzionale che si prospetta. Al quadro, si deve anche aggiungere la crisi profonda che agita la magistratura, i 2.700 miliardi di debito pubblico che con la crescita dell’inflazione peseranno di più, e una grave crisi sociale: crescita delle disuguaglianze, aumento della povertà, scontro di interessi tra dipendenti e pensionati, e imprenditori e autonomi.

Una crisi di sistema, dunque,  che tuttavia non mi pare investa solo noi, né soprattutto noi. Mezza America continua a contestare le regole della democrazia. Il Regno Unito ha un leader che ha mentito e si considerava al di sopra delle leggi, festeggiando in lockdown o mandando un aereo a Kabul per “salvare” animali domestici, mentre donne e bambini invocavano un passaggio. La Francia  potrebbe eleggere ad aprile un Re senza Corona, se l’Assemblée Nationale, di colore diverso, lo combattesse fin dal primo giorno. E in Germania è saltato il tappo Merkel, che teneva quel paese in mano, promettendogli una cosa e facendone spesso  un’altra.

Mai come ora servirebbero fantasia, coraggio, spirito di servizio.

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