“Tensioni sul voto”, Corriere. “La cautela di Renzi”, Stampa. “Non è un voto su di me”, Repubblica. Così i titoli. Ancor peggio i retroscena. “E Matteo teme: giù in Campania e Liguria”, scrive De Marchis. La Meli lo racconta “carico e combattivo: C’è chi dice che se non vinco 6-1 la mia sarà una sconfitta elettorale. Ma di che parlano?” Ma poi ne narra “l’amarezza. Pur di far perdere me si fa a botte in piena campagna elettorale…Bersani? Il primo a intervenire dopo la conferenza stampa della Bindi. Ma io sono un osso duro”. Sembra un egocentrico in preda al panico “non è un voto pu di me, si fa a botte pur di far perdere me”, addiruttura in preda al panico! Non è così, dice Giannelli, è il solito furbo: “A questo punto sono in una botte di ferro. Se le regionali vanno bene è merito mio, se vanno male, colpa della Bindi”.

 

Ma come fa a perdere? La destra s’è frantumata (anche per merito di Renzi) ed ha due candidati contrapposti in Puglia e due in Veneto. Grillo è stato messo all’angolo un anno fa con le europee. L’ opposizione interna divisa, con Cofferati e Civati che appoggiamo Pastorino in Liguria, Bersani e Speranza che sono andati a sostenere la Paita. Per le regionali non c’è neppure doppio turno: l’astensione potrebbe alla fine favorire i candidati del premier. Quello che preoccupa Renzi non sono dunque i numeri che usciranno dall’urna, ma la percezione che potrebbero dare, la proiezione per il futuro che gli analisti potrebbero ricavarne. L’Italicum rimetterà in gioco M5S? L’ astensione creerà un esercito di riserva che un giorno potrebbe rottamare il rottamatore? Le ferite del premier conforteranno chi dissente in Parlamento?

 

Si guardi al futuro, dunque. Scalfari oggi apprezza il documento con cui il governo vuol dare battaglia in Europa.  E ne cita  un brano: “L’obiettivo è una collaborazione rafforzata tra i diversi paesi nel perseguimento del valore aggiunto dell’Ue: l’implementazione delle riforme strutturali”. Renzi avrebbe finalmente capito -secondo Scalfari- che senza gli Stati Uniti d’Europa, la Germania, prima o poi andrà per la sua strada -ne scrive oggi Guido Rossi sul Sole- e noi altri resteremmo troppo piccoli e troppo divisi. Può darsi, che l’abbia capito. Certo per cambiare davvero dovrebbe rinunciare allo storytelling, accettare il confronto politico, anziché spianare e asfaltare. Difficile!

 

L’autogol giudiziario. “Loro sperano -scrive Ainis- di guadagnare credito sottoponendosi all’analisi del sangue; invece ottengono discredito. Perché la cattiva politica degli ultimi vent’anni ha allevato un vampiro, che di sangue non ne avrà mai abbastanza. E allora puoi anche decidere di togliere il vitalizio agli ex parlamentari condannati; quel vampiro obietterà che avresti dovuto togliergli la vita, non il vitalizio”. Ha ragione Ainis: a Renzi è piaciuto fare il Grillo, puntare sull’antipolitica, per eroderne parte dei consensi, ma così si è preso il boomerang in faccia. Sarebbe più saggio lasciare ai giudici il loro lavoro e darsi norme semplici per ogni titpo di elezione: divieto di candidare chiunque sia stato rinviato a giudizio per reati contro l’amministrazione o sia indagato per mafia o sia in conflitto d’interessi.

 

Torna Berlinguer, Luigi. E spiega che con l’autonomia la scuola rifiorirà: “Duole -scrive- che parte della sinistra, sostenendo il vecchio impianto neoidealistico, non ami l’autonomia né un vero rapporto con il lavoro e con la cultura del lavoro, con la saggezza weberiana del Beruf, del rapporto cultura professione”. Berlinguer è uomo d’onore, ma a me sembra più probabile che l’autonomia della legge Giannini costringa le scuole più povere ad arrangiarsi e accettare gli scarti, gli insegnati a dover temere, e a subire, una gerarchia funzionariale e governatica, gli studenti a dover assimilare una cultura d’azienda, competitiva e nozionistica, in auge in America, ma mezzo secolo fa.

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