Sono passati tre giorni da quel 25 giugno in cui non ho votato la fiducia al governo per bocciare la legge sulla scuola, ma sono stato contestato in piazza e poi sul web. Forse è possibile cominciare a discutere, senza vomitare insulti e avallare menzogne.

La prima cosa da chiarire – perchè è incredibile, ma girano anche falsificazioni al riguardo- è che il mio non voto valeva un no alla legge, non un sì o un ni. Si trattava di una legge di spesa (assunzioni e investimenti) e perchè venisse approvata serviva non la maggioranza dei votanti, ma la maggioranza dei senatori (esclusi quelli in congedo o in missione). Dunque il non voto di Mineo, di Ruta, di Tocci e quello dei senatori a vita Cattaneo e Rubbia era un no. Su questo non può esserci dubbio alcuno.

Tuttavia capisco molti insegnanti. Delusi perchè la loro giusta battaglia si è conclusa con una sconfitta, preoccupati per quel sarà della nostra scuola, arrabbiati perchè il governo aveva deciso di passare in forza, esautorare la commissione, imporre la fiducia. Li capisco: avrebbero voluto che chi, come me, aveva condiviso la loro battaglia passasse sotto la presidenza e gridasse No a quel governo.

Li capisco. Anch’io avrei preferito. Ne ho le tasche piene dei ricatti di Renzi. Ricordo quando mi fece cacciare dalla Commissione Affari Costituzionale e impose la riforma del Senato, che ora vuole cambiare. Ricordiamo tutti le 3 fiducie sull’Italicum. Ora che non è più certo di vincere al ballottaggio, può darsi che voglia cambiare anche l’Italicum. E ho trovato indegno il suo comportamento sulla scuola: prima ha promesso una conferenza a luglio, poi ha deciso il blitz con le scuole chiuse e l’opinione pubblica distratta. Ma credo che sia giusto concludere le battaglie dalla stessa parte da cui si sono iniziate. E che i compagni di battaglia vadano rispettati, non mollati alla fine.

Ho condotto la battaglia sulla scuola insieme a Walter Tocci, in Commissione Cultura, cioè nell’unico luogo dove era forse possibile cambiare la legge. Tuttavia in commissione noi rappresentavamo il Pd, eppure  le nostre proposte -assunzioni per decreto, un diverso modo per valutare i docenti, titolarietà della cattedre per i posti vacanti e il sostegno, ritorno alle borse di studio e no a regali per le private- erano condivise piuttosto dalle opposizioni che dal Pd, trasformando così la maggioranza di governo in minoranza.

Abbiamo spiegato ai senatori del gruppo Pd che quel nostro modo Tdi agire era tuttavia corretto, che le nostre proposte non miravano a sabotare ma a migliorare la legge. Ci hanno dato retta, questa volta Mineo e Tocci non sono stati sostituiti. Le opposizioni hanno capito e ci hanno dato una mano, non ricorrendo all’ostruzionismo. Centinaia,forse migliaia di docenti sembravano incoraggiarci: ci chiedevano emendamenti (per gli immobilizzati, i TFA, i Gae, sui poteri del preside, il bonus), volevani che provassimo davvero a cambiare la legge.

Poi certo Renzi ha tagliato il nodo di Gordio. Esclusi Mineo e Tocci dalla riunione decisiva, ha deciso, con i suoi fedeli, di procedere a una sorta di serrata della Commissione e posto la fiducia sul maxiemendamento. Scorretto? Scorrettissimo. Tuttavia non ci siamo dati per vinti, nel gruppo avevamo sentito forse perplessità sulla legge. Dunque, abbiamo ripresentato gli emendamenti in aula e abbiamo chiesto ai senatori del Pd -nel caso non ce li avessero fatto votare- di venire meno alla disciplina di partito, di non votare la fiducia al governo per respingere quell’abuso e fermare una pessima legge sulla scuola. Se solo dieci di loro ci avessero seguito la legge sarebbe stata bocciata.

Ho sbagliato? Avrei dovuto, all’ultimo minuto, cambiare discorso e condotta, votare no e uscire dal Pd, liberarmi dal peso che mi opprimeva lo stomaco, il mio come quello di tanti insegnanti? Non lo so, ma credo che le persone con cui fai una battaglia, o cui ti sei rivolto per farla, vadano rispettate. Credo che ci sia sempre tempo per cambiare casacca, e che farlo in quel modo sarebbe stato strumentale, avrebbe dato ragione a chi -magari imbeccato da Palazzo Chigi- andava dicendo che la nostra non sarebbe stata una battaglia per la scuola ma contro Renzi. Davvero, capisco le persone deluse -meno quelle che insultano- ma non ho proprio nulla di cui vergognarmi.

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