Giovane, volitivo, disposto a rischiare la poltrona, con un gran senso del demos. Chi è? No non è nato a Rignano sull’Arno, è greco e si chiama Alexis Tsipras. Ha vinto le elezioni quando i partiti che rappresentavano la continuità del potere non hanno saputo eleggerere un Presidente con la maggioranza dei due terzi. E in Grecia (solo paese europeo ad avere un premio di maggioranza anche se meno generoso di quello previstio dall’italicum) se non scegli il Presidente con i 2/3 si scioglie la camera. Ha vinto promettendo di tener testa alla Troika, ma è stato lasciato solo dai partiti socialisti europei, che hanno visto in lui un concorrente e si sono nascosti dietro le gonne della Merkel.

Tsipras allora è tornato dal suo popolo (referendum del 5 giugno), ha ottenuto una vasta fiducia, 60 oer cento dei no a un accoirdo umiliante. Però ha visto pure che i Greci non volevano spingersi fino alla rottura, non a costo di dover uscire -sia pure temporaneamente- dall’Euro e dall’Europa. Così Alexis ha accantonato il piano B (che Varoufakis sollecitava, magari solo per non negoziare a mani nude e una pistola puntata), ha retto la reazione feroce dei patner europei, alla fine ha firmato un accordo pesante, diverso da quello che avrebbe voluto, scontando una scissione del suo stesso partito. Ora chiede di nuovo il voto il 20 settembre, non più con la sua vecchia Syriza, ma per fare a meno dei voti delle opposizioni (socialiste e popolari), e per dare ancora filo da torcere a tedeschi e alleati. I quali, intanto, si sono scoperti più fragili, non in codnizioni di spingere il ricatto fino a fare uscire un paese dall’euro. Impotenti di fronte all’immigrazione, timorosi di fronte alla crisi del modello di espansione cinese e dei paesi emergenti. Se fossi in Grecia starei con Tsipras e con Varoufakis? La ragione direbbe Varioufakis il coraggio politico Tsipras.

L’affondo di Tispras: elezioni e voto. Ora un madato forte, Corriere. Fubini scrive delle “due vite di un leader”, con i Greci pronti a seguirlo ovunque vada, “prima contro il compromesso, ora a favore”. “Atene torrna a riscio caos”, Repubblica, con Bonanni che chiede a Tsipras “di superare le ambiguità” cioè di rassegnanrsi al mercato e diventare socialista. “Provaci ancora”, il manifesto. “Troika & Berlino hanno vinto: il governo Tsipras non c’è più”, il Fatto. I giornali economici fanno la somma dei fattori che turbano i mercati: Cina, Atene, e rischio crescita.

Devo proprio parlare dei Casamonica, dei 6 cavalli neri, i petali di rosa che cadono dal cielo, le Rolls Royce al corteo funebre, per ultimo saluto al Re, al patriarca, al god father? La mafia è a Roma perchè Roma la vuole, la invoca, ha bisogno dei suoi servizi. Roma è una citta che vive di intermediazione politica, con un sistema dei trasporti senza un comando unico, un’enorme azienda per i rifiuti, un pullulare di cooperative per la gestione del verde pubblico, il reinserimento dei carcerati, l’accoglienza agli immigrati. Roma è una città di palazzinari: finiti gli edili romani (che erano artigiani e comunisti) o diventati anch’essi palazzinari. È la città di un mister discariche, 10 volte più potente di qualsivoglia sindaco. Una città di cui i sindaci di sinistra rifatto la facciata con un pò di cultura, ma senza mai toccarne l’architettura. Una città che si tiene stretto il suo mondo di sotto, con i ricatti, il gioco e i pretito a strozzo, un ordine illegale ma per Dio, ordine. Se non i Casamonica, sono gli amici di Buzzi, o le mafie tradizionali insediate sul lungo mare. La mafia prospera perchè furbi e fessi fanno finta che sia una cosa esoterica. Invece è business. Business ispirato dalla forza e che sostituisce le sue regole a quelle dello stato.

Oggi comprate il Giornale, per leggere il fondo di Vittorio Feltri su Paola Clemente, bracciante morta di fatica. Bellissimo

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