229 sì, 64 no, 6 astenuti, Il Parlamento di Atene ha votato la resa di Tsipras, pur sapendo che i tanti soldi promessi -il terzo salvataggio in 10 anni- andranno alle banche e ai creditori, che il rigore tedesco continuerà a soffocare l’economia greca, che i poveri e i dipendenti dovranno stringere ancora la cinghia. Mi è parsa, quella greca, una prova di dignità. “Se avete un’alternativa indicatemela”, ha chiesto Tsipras. E un’alternativa non c’era: perchè gli elettori, la classe dirigente, la maggioranza di Syriza non avevano mai preso in conto la possibilità di dichiarare il fallimento, uscire dall’euro, nazionalizzare banche e imprese vitali, razionare i beni indispensabili, cercare aiuti e protezione in Russia e Cina. Varoufakis ha votato no perchè, pur non convinto nemmeno lui di tale alternativa, pensava che la si sarebbe dovuta preparare, per non sedersi al tavolo degli strozzini con il bluff come unica arma.

“Molotov e scontri fuori dal Parlamento”, scrive il Corriere. Li avete visti? Poca cosa. Cazzullo si unisce al coro di chi denuncia “le illusioni del fronte anti europeo”, Fubini scopre “la metamorfosi di Alexis”: ieri è nato un altro Tsipras, meno Syriza e più europeo. Per Battista non è successo niente e parlare di golpe o di trattamento inflitto ad Atene come quello che Versailles riserbò alla Germania, è solo “un pianto greco”. Rampini ricorda che FMI ha bocciato il salvataggio, perchè senza un taglio drastico del debito non ha senso prestare altri soldi ai Greci: non potranno mai restituirli. L’economista Galbraith, intervistato dal manifesto, dà ragione all’amico Varoufakis e denuncia “un brutale colpo di stato con metodi mafiosi”. Rodotà, Repubblica, sottolinea i guasti della “indubbia supremazia tedesca”, “la dissoluzione della socialdemocrazia europea”, il pericolo “di populismi montanti”, il rischio di una “sostanziale disgergazione dell’Europa”.

Sul piano interno non muove foglia. Rinvio a settembre per l’esame della riforma costituzionale, rinvio per le unioni civili, rinvio del voto sull’arresto di Azzolini. Ecco che arriva oggi in aula al Senato la legge per la Rai. Da approvarsi prima delle ferie, per poter dire che si procede comunque, di riforma in riforma. Di che si stratta? Il Direttore Generale si chiamerà Amministratore Delegato. Il Consiglio di Amministrazione sarà composto da 7 membri anzichè 9 e sarà  nominato, come prima, da partiti e governo. Resta persino la Commissione Parlamentare di Vigilanza, che dovrà confermare, con maggioranza dei 2/3, la scelta del Presidente. Tradotto: l’amministratore delegato scelto Renzi, il nome del Presidente discusso con Berlusconi. In compenso scompare la nozione di servizio pubblico e il controllo delle risorse viene affidato al governo, con una delega molto ampia. Una riforma autoritaria e consociativa. Cambiare perchè niente cambi, decisionismo gattopardesco. Ieri il governo ha diffuso un kit, un manuale da distribuire a deputati e senatori perchè possano sostenere i meriti della peggiore riforma della scuola. Farà lo stesso con la Rai. Sa d’antico questa illusione di sostituire alla politica la comunicazione.

Consoliamoci con la cannabis. Salvini urla: meglio legalizzare la prostituzione, il sesso fa bene, la droga no. Se è per questo anche l’alcol fa male, mentre il sessismo  crea dipendenza  quanto l’uso continuato di cocaina. Certo le amarissime foglie di coca (che il Papa non ha usato in America Latina) avrebbero reso ieri meno amaro  l’ascolto dell’intervento del senatore a vita Napolitano in commissione affari costituzionali. Una filippica (violenta orazione di Demostene contro Filippo di Macedonia) a favore della riforma del Senato che di cui Egli si considera la levatrice. Con affermazioni gratuite ,“il bicameralismo perfetto ha creato mostri” e avvertimenti, “non disfare la tela”.

Con il rispetto dovuto al Presidente Emerito, Michele Ainis denuncia il rischio che “in sala parto sbuchi fuori un rospo, anziché un bel principino”. Confuso il capitolo sulle competenze, prina di senso la nomina di secondo grado. E poi -scrive Ainis- c’è il capitolo delle garanzie. Domani come ieri, il Senato contribuirà ad eleggere presidente della Repubblica,giudici costituzionali, membri del Consiglio superiore della magistratura. Però adesso i senatori sono la metà dei deputati; in futuro diventeranno un sesto (100 contro 630). Ergo, i garanti indosseranno un abito politico, in quanto espressi dalla Camera politica, a sua volta espressa con un premio in seggi per il maggior partito. E no, non va bene. C’è bisogno di rafforzare gli organi di garanzia non di indebolirli”. Il seguito a settembre,dopo la publlicità.

Meglio l’accordo con Teheran che la guerra, ha detto Obama. Con due articoli “L’Iran e l’internazionale del terrore”, “Israele prepara l’azione militare”, Il Foglio spiega di preferire la guerra. Per consegnare tutto il Medio Oriente al Daesh e promuovere dopo la crociata.

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