Spagna. Rajoy, il vincitore-perdente delle elezioni spagnole (il suo partito è passato dal 44% del 2011 al 28 di domenica scorsa) si propone di guidare un governo di minoranza con l’astensione del PSOE e di Ciudadanos. Per questo – dice El Pais – “offre al PSOE una (mini) riforma della Costituzione e la presidenza del Parlamento”. Ma Susana Diaz, presidente della Andalusia, regione dove il PSOE ha preso un quarto dei suoi voti, oppone “un rotondo no a Rajoy”. Se è per questo Susana dice no anche a un accordo con Podemos: preferisce che il PSOE resti all’opposizione e si torni a votare quanto prima. Il fatto è che da domenica Podemos è la forza più votata in Catalogna, Iglesias ha definito la Spagna “un paese multinazionale” e si è impegnato a strappare il referendum sull’indipendenza catalana. L’Andalusia socialista è stata invece teatro, nel 1492, della cacciata di ebrei e musulmani da cui nacque la cattolicissima Spagna e, nel novecento, il bastione da cui partì l’ultima riconquista, ad opera Francisco Franco, conclusasi nel 1939 con la caduta di Barcellona. Intanto, in Catalogna, l’indipendentista neo liberista Mas si allea con gli indipendentisti di sinistra, ai quali promette 270 milioni per la spesa sociale e di fermare privatizzazioni e scempio urbanistico. Questioni nazionali e questione sociale al centro del dibattito spagnolo.

La lettera europea sulle banche. Secondo il Corriere il governo potrebbe renderla pubblica per provare, in tal modo, che è stata l’Europa e suggerire quel decreto salva-banche che non ha salvato i risparmiatori. Repubblica annuncia invece la “mossa del Pd: serve l’inchiesta del Parlamento”. Il retroscenista Carmelo Lo Papa spiega che l’imput è venuto da Matteo Renzi, il quale vuole che si indaghi “su responsabilità ed eventuali omissioni dei predecessori a Palazzo Chigi”. Oltre che su Bankitalia. Tutti colpevoli nessun specialmente colpevole. Tuttavia Fiorenza Sarzanini, Corriere, mette il dito nella piaga: “le spese pazze dell’Etruria. Buonuscite milionarie e niente tagli agli stipendi”, Sono “le contestazioni ai vertici”, del tempo in cui era vice presidente anche il Papà della Boschi. L’altro vice presidente, Alfredo Berni, accusa Bankitalia. Banca Etruria – dice al Corriere – è stata fatta fallire “in modo pilotato e premeditato”. Insomma l’affaire s’ingrossa. Si salvi chi può!

Stabilità. Con l’ennesimo voto di fiducia, la finanziaria “espansiva”, quella che “riduce le tasse” (sulla casa e agli imprenditori) è stata approvata ieri dal Senato. Ma c’è ancora “l’incognita dell’Europa”, scrive Fabrizio Fourquet sul Sole24Ore. Perché è una finanziaria in deficit, “per un punto del PIL, lo 0,4 già concesso e uno 0,6 aggiuntivo”. Una finanziaria che – teme la BCE – potrebbe mettere a rischio l’equilibrio dei conti mentre non è detto che crei più occupazione. Il governo spera, dunque, che “costo del petrolio basso, quantitative easing, euro debole”, continuano a spingere la ripresa per far crescere il PIL dell’1,6% l’anno prossimo. E spera che non torni la deflazione, “che avvita i prezzi al ribasso, rinvia le scelte di acquisto, frena i consumi, e affonda la produzione e il lavoro in una spirale senza fine”.

Rai. Per alzata di mano, prima di scappare in vacanza fino al 12 gennaio, i senatori hanno approvato la “riforma” della Rai e i super poteri dell’amministratore delegato, che è un habitué della Leopolda e si chiama Campo dall’Orto. “Renzi si è preso anche la Rai”, titola il Fatto. In cronaca un’interista a Enrico Mentana: “Il nodo non è tanto Matteo Renzi, perché lui è un premier pro tempore. Il tema vero è che questa riforma schiaccia ancora di più l’emittente pubblica sotto il peso del potere politico, legandola al governo. La questione principale è che non si può permettere che la tv pubblica sia l’ultimo brandello della comunicazione governata dalla politica”. Non si potrebbe, ma, secondo Mentana, tutti i partiti hanno consentito – “spiace dirlo, ma sì, tutti quanti, anche i Cinque Stelle” – quando si trattò di nominare il Consiglio di Amministrazione.

Trasformismo renziano. Altro che “politica dei due forni”, scrive Ainis sul Corriere. Renzi ha contratto con Alfano (un) “matrimonio d’amore e forse d’interesse”, la riforma costituzionale fu “benedetta a suo tempo del Nazareno, copyright Silvio Berlusconi”, senza quest’ultimo, ma insieme a Vendola, ha fatto eleggere il presidente Mattarella, con Grillo va a braccetto per le nomine in Rai (Freccero), per quelle alla Consulta (prima Sciarra, poi Modugno, Barbera, Prosperetti), per la legislazione sui temi etici (il ddl Cirinnà sulle unioni civili è sostenuto dal Pd e dai 5 Stelle)”. “L’incorporazione è la cifra politica del governo Renzi”, conclude Ainis. “Anziché sfidare gli avversari in campo aperto, li saggia, li assaggia, infine se li mangia”. L’anticipazione, la pratica dell’obiettivo, si sarebbe detto un tempo, di quel che accadrà in modo più organico con l’Italicum: chi strappa il premio prende tutto.

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