Voto in due giornate anche al referendum, titolo di Repubblica. Insomma lo stesso governo che ha fatto propaganda per l’astensionismo al referendum sulle trivelle ora ha paura che gli italiani non vadano a votare per quello costituzionale, che Renzi vuole trasformare, a ottobre, in un plebiscito su tutta la sua politica. Alfredo Reichlin scrive su Repubblica: “ho condiviso, pur con qualche riserva, la scelta della minoranza del Pd di non opporsi alla riforma Boschi…ma considero una sciagura questa scelta calcolata di spaccare il Paese tra due schieramenti contrapposti. Da un lato quello del Sì, cioè di chi “vuole bene all’Italia” e disprezza tutti i governi della Repubblica che si sono succeduti prima di questo (il discorso esaltato di Renzi a Firenze). Dall’altro lato il partito del No: il mondo dei conservatori, dei professori, dei gufi, dei nemici. Ma ci si rende conto delle conseguenze? Non credo che verrà il fascismo ma non aumenterà certo la governabilità”. Zagrebelsky al salone del libro di Torino accusa: “il premier semina paura contro il No” e fa appello al Presidente della Repubblica. “Mattarella ora fermi Renzi”. Titolo del Fatto Quotidiano.

Il ballottaggio o il gioco della torre. Intanto, con una politica a corto di idee e programmi, oggi il doppio turno somiglia sempre più a quel gioco da bambini: chi butto giù dalla torre? Salvini tra Raggi, 5 Stelle, e Giachetti, candidato di Renzi, butterebbe giù Giachetti e voterebbe per la Raggi. Vuol dire che il M5S è di destra, come ora dicono i renziani? Preferisco l’analisi più ponderata di Nadia Urbinati, tra i commenti di Repubblica: “Un partito-non-partito non promette e non ha alcuna continuità di giudizio, per cui, per esempio, mentre i leader parlamentari o nazionali seguono le logiche del più navigato opportunismo politico (con l’occhio fisso ai sondaggi) i grillini-del-popolo-ordinario hanno una matrice di civismo che è ammirevole. Iper-politicismo negli uni e iper-purismo negli altri, che non hanno incarichi pubblici e sono “gente comune”. L’esito di questo sdoppiamento è purtroppo quello di favorire una dissociazione insanabile fra il dire e il fare che fa molto male al senso del pubblico e del governo della cosa pubblica, quindi a tutti, non solo ai grillini”. A questo “sdoppiamento” aggiungerei quello di avere un fondatore e garante, Grillo, che è tornato a fare il comico. La satira è libera e nel suo spettacolo Beppe ha il diritto di fare una battuta sul neo sindaco musulmano di Londra “Voglio vedere quando si farà saltare per aria a Westminster!”. Se però lo dice il leader della seconda forza politica italiana…

Libia a rischio, “l’Italia rimanda l’invio di soldati”. Titolo forte del Corriere della Sera. Si sono accorti del rischio di una missione di guerra “senza alleati certi e con troppi nemici”, in un paese “con 4 governi”, dove “non sappiamo nemmeno dove sia il fronte”, dice un diplomatico sotto anonimato. Lo scrivo da mesi e noto come il governo non si sia degnato di affrontare, su questo, un dibattito in Parlamento, sebbene previsto dalla Costituzione. Intanto Paolo Mieli spiega che in Siria e in Iraq è ben possibile sconfiggere Daesh ma che se poi – scrive – Mosul o Raqqa “venissero consegnate al caos”, allora Daesh risorgerebbe e per noi europei sarebbe anche peggio. La soluzione? Lo scrivo da mesi: fare un accordo duraturo con Russia e Iran (che non sono degli angioletti ma combattono Daesh), sostenere i Curdi e mettere in riga gli alleati renitenti dell’occidente, Turchia, Arabia Saudita e Israele. La Turchia, che preferisce la guerra contro i curdi a quella contro Daesh, l’ArabiaSaudita, che alimenta la feroce guerra civile islamica tra sunniti e sciiti, Israele, che vuole un Medio Oriente diviso, arretrato, taglieggiato da orde di islamici integralisti, perché, sbagliando, pensa così di poter fondare la sua precaria sicurezza e una sua superiorità nella regione.

Dall’Ue arriva uno sconto di 14 miliardi, dice la Stampa, ma l’Unione ci chiede di non sforare il deficit (un taglio da un miliardo e 600 milioni) e di “blindare” le clausole di salvaguardia (aumento dell’Iva se non rispettiamo i parametri). Lorenzo Bini Smaghi, sul Corriere, osserva che il PIL è cresciuto da noi dello 0,8% e in Europa dell’1,7. Che la produttività del lavoro è, da noi, molto più bassa per “il basso livello di istruzione dei giovani italiani, le scarse conoscenze linguistiche e nelle materie scientifiche, la formazione professionale limitata, la bassa diffusione di Internet e la scarsa conoscenza delle tecnologie informatiche, il tasso limitato di investimenti in ricerca e sviluppo, la dimensione contenuta delle aziende, la corruzione e la mancanza di meritocrazia nelle selezioni di personale”. Insomma per tutte le riforme che servirebbero e il governo non fa. E non basta, c’è l’evasione. Una tabella in prima pagina del Sole24Ore spiega che in Italia a dichiarare oltre 100mila euro l’anno sono 426mila, in Germania e Gran Bretagna il doppio, in Francia quasi il doppio, 702mila. Quanto a quelli che dichiarano oltre 200mila euro lordi per anno, in Italia sono 78mila,in Germania 344mila. Che dite, qualcuno evade o elude in Italia più che in Europa?

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