Renzi: se perdo cambio mestiere, titolo della Stampa. Contrordine del contrordine. “Il voto del 4 dicembre, scrive Gramellini – non riguarderà la riforma costituzionale, di cui la maggioranza degli italiani ha capito ben poco. «Ti fidi ancora di Renzi più che dei suoi rivali?». Questa è la vera frase che sta scritta sulla scheda e a cui gli elettori dovranno rispondere Sì o No. Lui lo sa perfettamente”. Non solo lo sa, lo ha voluto! Ha firmato, con la Boschi, la riforma, l’ha usata prima per catturare poi per sputar via Silvio Berlusconi, ne ha fatto il terreno di scontro dentro il Pd, poi lo specchio per le allodole che con cui imbarcare nella maggioranza Verdini e i suoi mercenari. Questa riforma è Renzi e come lui mente. Sostiene di non cambiare la forma dello Stato lasciando, intatti i poteri del premier e delle cariche di garanzia, ma non è vero. Pensate all’elezione del Presidente della Repubblica che “dal settimo scrutinio in poi può essere eletto coi tre quinti dei votanti (art. 83), il che vuol dire – ha ricordato ieri su Repubblica Salvatore Settis – che gli assenti non si contano ai fini del risultato”. Secondo l’art 64 – continua Settis – “le deliberazioni del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei componenti”, dunque nell’assemblea che elegge il Presidente, composta di 630 deputati e 100 senatori, devono esservi almeno 366 presenti in aula. I tre quinti di 366, provare per credere, fa 220. Ergo, il Capo dello Stato potrebbe essere eletto da soli 220 votanti, in un Parlamento dove, stando al vigente Italicum, il partito al governo avrà 340 seggi nella sola Camera e 220 esatti, i cento capilista e i 120 cooptati dopo il ballottaggio sono quelli che devono lo scranno solo al premier!

Va in battaglia senza piani di riserva, scrive Massimo Gramellini. “La sua è una debolezza talmente ostentata che potrebbe trasformarsi in un punto di forza”. E un sondaggio di Nicola Piepoli dà oggi i Sì un punto avanti, al 47% con i No al 46%. “C’è da dubitare – scrive invece Stefano Folli – che a trarre vantaggio – dal carattere composito ed eterogeneo del fronte del No – possa essere il Presidente del Consiglio, soprattutto se egli non riuscirà a cancellare quell’immagine di solitudine, o meglio di isolamento, che si è diffusa nelle ultime settimane. Un’immagine più apparente che reale, figlia del nervosismo”. Un nervosismo – scrive il Fatto – che rende “Renzi furioso” e lo spinge a “boicottare la 7” e “scatenare la sua Rai”. L’ira del premier dopo “la figuraccia di Del Rio da Floris”. Di conseguenza “la Boschi ha annullato un duello con Salvini a Otto e mezzo”. Mentre Renzi “martedì va da Semprini e Rai1 farà concorrenza alla Gruber sulle tribune referendarie”.

Sempre più italiani all’estero, Corriere della Sera. Nel 2015 sono partiti in 107.529, il 6,2% in più dell’anno precedente. 39mila sono giovani e vanno soprattutto in Germania. “Bisogna farli tornare”, dice Mattarella. Ma come? Visto che la politica economica del governo, tutta fondata su bonus e sgravi alle imprese, su minori garanzie e lavoro più a buon mercato, non riesce con tutta evidenza a stimolare la ripresa? Giannelli immagina che un italiano espatriato chieda a Mattarella: “Anche lei all’estero?” E che il Presidente risponda: “Ragioni di lavoro. In Italia fa tutto Renzi”. “Fuga dalla realtà”, titola il manifesto. “Quasi 5 milioni di italiani emigrati nel mondo negli ultimi 10 anni. Nel rapporto Migrantes, la fotografia di un paese bloccato e senza prospettive per i giovani”.

Flessibilità, la Ue apre all’Italia, scrive Repubblica sottolineando l’unica buona notizia della giornata. Il commissario francese agli affari economici Moscovici ha detto che “contro la minaccia del populismo” (evidentemente rappresentata dai No al referendum) sarà bene permettere a Renzi di sforare sul deficit, almeno per le spese che riguardano il terremoto e l’accoglienza dei profughi. Al solito la soap opera renziana  – e vi sto risparmiando per esempio gli insulti di Lotti (un vero signor nessuno) a D’Alema – si mangia i giornali, e con i giornali anche il Caffè. Dunque, in breve. Angela Merkel dà lezioni di liberismo a Theresa May: non si possono far liberamente circolare le merci (inglesi in Europa) – dice – per poi schedare i lavoratori (Europei, in Gran Bretagna). Le speranze che Hillary Clinton torni alla Casa Bianca – scrive il Corriere – sembrano legate alla scommessa che i millennials “i giovani che hanno sostenuto il socialista Sanders” alla fine votino per lei. L’incubo è che possano scegliere, invece, il terzo incomodo, Gary Johnson. In Spagna, cacciato il segretario Sanchez e scartata l’idea di convocare un congresso, sembra proprio che socialisti spagnoli si orientino ad appoggiare Rajoy e il governo delle destre. “Già trattano”, dice El Pais.

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