Guidi si dimette, caso nel governo, scrive il Corriere. “Renzi non la ferma”, la Stampa. “Tradita dalle telefonate al fidanzato”; Repubblica. Federica, figlia di Guidalberto Guidi (Ducati Energia), imprenditrice lei stessa e già presidente dei Giovani Industriali, si è dimessa da ministro delle attività produttive dopo una telefonata dall’America con la quale Renzi le ha detto – cito Repubblica – “vicenda da chiudere subito, nessuno se la può permettere”. I fatti. Alle 4 della notte, in commissione al Senato, venne tolto un codicillo alla legge di stabilità che dava il via libera all’estrazione del petrolio di Tempa Rossa, Total. Concessione molto contestata dagli ecologisti. Quell’emendamento venne tuttavia reinserito, e imposto alla maggioranza grazie agli uffici di Maria Elena Boschi, ministro dei rapporti del parlamento e delle riforme e su suggestione – scopriamo oggi – di Federica Guidi, la quale, chiuso l’accordo con “Maria Elena”, chiamò il fidanzato, Gianluca Gemelli, in affari con la Total per certi sub appalti che gli erano stati promessi. “Domani passa l’emendamento”, lo rassicurò la ministra innamorata. Sollevato Gemelli informò subito un dirigente Total: “La chiamo per darle una buona notizia..ehm.. .si ricorda che tempo fa c’è stato casino..che avevano ritirato un emendamento…ragion per cui c’erano di nuovo problemi su Tempa Rossa … pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente al senato.. se passa quest’emendamento… che pare..siano d’accordo tutti… perché la Boschi ha accettato di inserirlo..è tutto sbloccato!”

Davvero il caso è chiuso? Dopo l’intervento di Renzi e l’abbandono della Guidi? Non lo credono davvero Gentili e Paglierini, editorialisti del Sole24Ore, né Polito del Corriere, Folli di Repubblica e Geremicca della Stampa. Non ne sono convinti anche se – si capisce leggendoli – vorrebbero che così andasse. Perché alla fine, scrive Geremicca, il premier ha imboccato “la strada dritta” sia pure “obbligata”. E poi (se mi è lecito prendere in prestito lo slogan che Fellini creò per Veltroni contro le interruzioni pubblicitarie dei film in tv) “non si interrompe un’emozione”. L’emozione del governo Renzi che sveglia l’Italia bella e addormentata, della giovane e volitiva ministra Boschi che piega i senatori, vil razza dannata. Dell’Italicum (“la legge elettorale che tutta Europa ci invidia” by Renzi) che se vinci di un niente, anche con il 20% dei voti, resti indisturbato a Palazzo Chigi per 5 anni. L’emozione dei regali agli industriale senza contropartita, degli affari senza “lacci e laccioli” perché così postula la voglia di uscire dalla crisi, della ripresa che c’è già, sia pure dello zero virgola. No, non si interrompe un’emozione. Allora perché la Guidi s’è dimessa? Semplice, perché lo sguardo intrusivo di un giudice ha scrutato nella sua alcova. E lei, innamorata, è stata colta in fallo, mentre passava informazioni riservate al fidanzato indagato e dunque intercettato. Boh, se è per questo, direi nemmeno “riservate”: le avrebbe potuto avere qualsivoglia cronista parlamentare che avesse fatto con scrupolo il suo mestiere.

Tutto qui. Non c’entra nulla la contiguità tra governo e petrolieri? Quella contiguità che ha spinto l’esecutivo a fissare il referendum no-Triv in una data lontana dalle amministrative e che ha spinto i vice segretari Pd a spendersi per l’astensione. Non c’entrano le pressioni indebite – potremmo dire ricatti – che il governo esercita sulla maggioranza parlamentare? I senatori provarono a togliere il codicillo pro-Total, ma il comitato d’affari di palazzo Chigi li smentì subito in nome della governabilità. Non c’entra che la riforma, Boschi, del Senato serva proprio a questo, a togliere alle regioni ogni potere sulle scelte energetiche, come ha dimostrato Michele Ainis? Non c’entra il modo spregiudicato con cui questi quarantenni, professionisti della politica e abili negli affari, gestiscono il potere? Senza rispetto per le istituzioni, governando a colpi di fiducia, fiducia che ottengono alla Camera grazie al premio di maggioranza previsto da una legge incostituzionale (il Porcellum) e al Senato, grazie alle truppe mercenarie riunite intorno al nazareno Denis Verdini?

Io inchiodato alla croce. Frase pronunciata dal cardinal Bertone, dopo che il Papa ha, finalmente, dato via libera alle indagini sul super attico che l’ex segretario di stato vaticano si era fatto ristrutturare con soldi delle donazioni al Bambin Gesù. Ma potrebbe averla detta Hollande, inchiodato dalle manifestazioni di studenti e operai contro la sua riforma del codice del lavoro (un jobs act alla francese). E potrebbe dirla Renzi che dovrà sudare sette camicie per mettere Maria Elena Boschi al riparo dalle dimissioni, dopo che il padre è finito sotto inchiesta per Banca Etruria e lei è stata scoperta solerte e sodale con le mani in pasta nel conflitto d’interesse della “collega” Guidi. Ma Boschi non può mollare, perché porta il suo nome la riforma su cui Renzi si gioca il futuro politico, con il referendum che si terrà ad ottobre. Inchiodati alla croce per nessun’altra colpa se non quella di credere che il neo liberismo sia l’ideologia del futuro. Che svalutando il lavoro, “semplificando” i controlli di legalità, smantellando il welfare, la ripresa verrà più forte che pria. E tutti a far festa, felici e contenti, perché no, nell’attico sui tetti di Roma dove vive “e lavora” Tarcisio Bertone.

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