Usa, Hillary in calo, la fuga dei giovani è l’ultima paura. Non traduco un giornale americano, questo è il titolo di Repubblica. Un sondaggio CNN segnala per la prima volta che la Clinton potrebbe non raggiungere i 270 grandi elettori necessari per l’elezione. Il New Hampshire, infatti, da democratico sembra passato Stato in bilico, mentre Ohio e Iowa sembrano propendere per i repubblicani. Il sondaggio dà a Hillary 168 grandi elettori ma a Trump ne assegna ancora meno, solo 104. Ma preoccupa la tendenza che non è positiva per la Clinton. La seconda preoccupazione, su cui insiste Rampini su Repubblica, viene dal numero assai ridotto di millennials che sta usando la possibilità del voto anticipato. E se i giovani si astenessero in una percentuale superiore a quella degli anziani, per Hillary sarebbero guai seri. Lei, la candidata, con la voce roca per la stanchezza, bella e determinata, sale sul palco accanto a Beyoncé e al rapper Jay Z: ce la mette tutta per convincere i giovani dell’Ohio. Ha grinta, ripete che si batterà per salari più alti, che tutti dovranno pagare le tasse, che da Presidente non dimenticherà nessuno. Poi cita e ricita Obama che il voto di quei giovani aveva saputo attrarre. Il rischio che oggi si avverte è che quei ragazzi – molti dei quali si sarebbero spesi per Bernie Sanders – ascoltino le cose che dice Hillary, ma poi pensino che è una Clinton che le dice. Una donna al potere da 30 anni, favorevole alle guerre di Bush, segretario di Stato al tempo dell’impresa libica, nemica della Russia e degli Hacker, che considera spie di Putin o giù di lì. Ma i millennials conoscono gli hacker, sanno che non sono tutte spie, anzi spesso li considerano un antidoto salutare al controllo della verità ad opera di multinazionali e governo. E se si astenessero? Hillary – ha ragione Obama – è un buon candidato, con tanti pregi per quanti difetti ha Trump. Ma potrebbe rivelarsi il candidato sbagliato.

Il sultanato. Devo ricorrere al manifesto per trovare in prima pagina la notizia che più mi preoccupa. Il sultano Erdogan ha fatto arrestare 12 leader dell’opposizione democratica curda e tra loro il segretario Demirtas. Sono deputati, e per diventarlo hanno dovuto superare la soglia del 10 per cento, resa ancora più ardua dall’altissima percentuale dei votanti in Turchia. Ma dopo il golpe, abortito dei militari, Erdogan ha abolito l’immunità e gli oppositori sono sotto ricatto. Ora li arresta. Perché? Perché il sultano sta giocando una partita “nazionale” in Iraq (dove vuole partecipare alla presa di Mosul) e in Siria (dove vuole costruire una zona filo turca ben oltre i confini). Ma in quelle terre d’Iraq e Siria ci sono già i Curdi, che combattono da più tempo e con coraggio il Califfato. Li apprezzano perfino gli americani. Ciò è per Erdogan intollerabile. Ha il secondo esercito della Nato, ha corretto suoi precedenti errori e stabilito buoni rapporti con Putin, sa che l’America è sotto elezioni, che l’Europa è frastornata e senza nerbo. Così colpisce. Magistrati, professori, giornalisti, ora deputati curdi. E se le cose della guerra non dovessero procedere come vuole lui, l’erede del sultano e di Ataturk potrebbe fare ai curdi quello che i giovani turchi sotto il sultano fecero agli armeni. Sono atterrito per il silenzio dell’Italia e delle cancellerie europee. La Turchia è un paese che paghiamo perché “accolga” i rifugiati siriani. È alleato dell’Italia, fa parte della Nato ed è paese candidato a entrare in Europa. I suoi crimini sono nostri crimini. Se taciamo.

L’Isis contrattacca nelle strade di Mosul, titola la Stampa e aggiunge: “Usa, paura attentati”. Vi meraviglia? Il califfo prova ad alzare il prezzo e così farà Al-Quaeda. Con l’Arabia Saudita che stermina le popolazioni sciite nello Yemen, con la Turchia che azzanna i curdi, con la Clinton e il pentagono e la Nato che considerano Putin il nemico principale, ci sarà a lungo un ruolo nel mondo per gli assassini e i kamikaze wahhabiti. Così come proseguirà il flusso di disperati che, in fuga dalla guerra e dal terrore, bussano alle porte d’ Europa. Caro Gentiloni, cara Mogherini – non mi rivolgo a Renzi perché in tutt’altre faccende affaccendato -, non ripetiamo con la guerra e con il genocidio l’errore del terremoto: quello di passare ad altro quando si manifesti una nuova emergenza, economica o politica. L’attacco della anti mondializzazione criminale e reazionaria dura ormai da 15 anni, ha fatto lutti, ha seminato panico. Se non cambiamo il nostro sistema di alleanze non ne verremo a capo.

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