3 voti di fiducia alla Camera, 5 in Senato. Il governo Gentiloni e la maggioranza che lo sostiene devono avere davvero a cuore questa legge elettorale, detta Rosatellum. Eppure appena 2 anni fa la stessa maggioranza e un governo, del quale l’attuale premier si considera erede e continuatore, approvarono, sempre con la fiducia, una legge elettorale che è l’esatto contrario di quella che oggi propongono.

L’Italicum escludeva infatti le coalizioni, considerandole causa di competizione interna e dunque di ingovernabilità. Il Rosatellum le ripesca, per di più senza alcun obbligo di presentare agli elettori un qualche programma di governo, ma come semplice strumento per rastrellare voti. L’Italicum aveva un premio di maggioranza obbligatorio, che al secondo turno scattava per forza. E Renzi disse: “la sera stessa del voto si saprà chi governa”. Il Rosatellum non ha premio di maggioranza e probabilmente formare un governo sarà persino più difficile che se si fosse votato con una legge proporzionale pura. Perché si dovranno frantumare le coalizioni elettorali per dar vita a nuovi, e magari pure inediti, accordi.

Come è possibile – si chiederà uno studioso del futuro, esaminando gli atti della XVII legislatura, che una maggioranza abbia mostrato tanta mutevolezza di convinzioni e obiettivi. pur mantenendo una identica passione per lo strumento della fiducia? Come nei gialli, la risposta è la più semplice: i secondi e i terzi si sono riuniti per togliere la vittoria ai primi.

Stando ai sondaggi, infatti, se si votasse oggi la prima forza politica risulterebbe il Movimento 5 Stelle, seguito dal Partito Democratico. Al terzo posto, ma distanziati, Lega e Forza Italia, in competizione fra loro. Ma, se in forza della presente legge elettorale, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia si potessero alleare, pur senza essere d’accordo quasi su nulla, ecco che si troverebbero il pole position. Primi, si dirà all’estero, primi scriveranno i giornali. Poco importa se questa coalizione vincente dovesse dividersi il giorno dopo.

Ma il partito democratico cose ottiene a regalare la “vittoria” a Berlusconi, a Salvini, alla Meloni? Qui, per spiegare l’arcano, bisogna tornare indietro di qualche settimana, ai primi di giugno. Il Pd aveva chiuso un accordo con Movimento 5 Stelle e Forza Italia – Rosatellum 1, si chiamava, o Tedeschellum. Ma al primo, piccolo, incidente parlamentare – un emendamento che metteva a rischio l’alleanza con la Südtiroler Volkspartei – Renzi ha fatto ritirare la legge.

Che cosa era successo, in realtà? Che al Nazareno avevano compreso come lo sbarramento al 5 per cento, previsto da quella legge, stesse spingendo Movimento democratici e progressisti e Sinistra Italiana, Possibile e Campo Progressista a unirsi, per dar vita a un’unica lista di sinistra. Per il Pd i rischi erano due: dover dire addio alla chimera di strappare il primo posto ai 5 Stelle e trovarsi a fare i conti con un soggetto politico a sinistra, non più con singole personalità da demolire o, come dicono loro, da “asfaltare”.

Ecco spiegato il più recente interesse di Rosato, e dei suoi suggeritori, per la coalizione. Una finta alleanza per attirare nell’orbita del Nazareno una parte della sinistra, senza nulla concedere. E se invece gli “scissionisti”, e persino Pisapia, non si mostrassero disponibili, ecco che la coalizione potrebbe inventarsi più liste civetta (che so, una con Emiliano, una con qualche sindaco ex arancione, una verde e un po’ radicale con una spruzzata d’ulivo) per depotenziare l’alleanza delle sinistra e provare a recuperare uno o due punti percentuali.

Madamina, il catalogo è questo, direbbe il buon Leporello. Ma naturalmente si può cogliere anche un senso meno estemporaneo, meno politicista e contingente nella storia di questa sciagurata legislatura. Ricordate? 3 anni fa, quando si votò per le europee, l’allora neo segretario Pd e fresco inquilino di Palazzo Chigi, immaginò di poter passare in forza. Conclusa la rottamazione della “vecchia” sinistra post-comunista e filo Cgil, si trattava di abolire una camera, di imporre una legge maggioritaria che proiettasse uno solo alla guida del governo, con in premio 140 deputati. E i giochi sarebbero stati fatti.

Allora la stella di Berlusconi era in declino, non più senatore, assegnato ai servizi sociali. Il ballottaggio sembrava dover essere tra Pd e 5 Stelle. “Grillo, esci dal blog”, riformismo contro populismo, responsabilità contro anti politica. Ma il diavolo – cioè il popolo sovrano, ma anche la continuità del diritto e la logica delle istituzioni – si è messo di traverso. Perso il Referendum, la consulta che boccia l’Italicum, Gentiloni che si conquista, zitto zitto, l’appoggio del Quirinale, la stima dell’Europa, il favore della BCE. Ecco che la parabola dell’antico rottamatore, poi padre costituente, si è conclusa, finendo con il riproporre una versione aggiornata di quel Ghino di Tacco, che sapeva di non poter governare l’Italia, ma che con i suoi fedelissimi contava di poter imporre un dazio a chiunque passasse dalle sue parti.

La prossima campagna elettorale sarà un pozzo degli inganni. Berlusconi contro Grillo per presentarsi alla Merkel come l’argine alle destre populiste. Salvini a capo di una lega nazionalista, anti migranti, scettica sull’Europa. Zaia, di una Lega sempre più Nord e federalista, per assicurarsi una pattuglia di parlamentari che potrebbe fare da ago della bilancia per future maggioranze. Renzi già dice che l’avversario sono le destre e che la sinistra che non si rassegna al suo corso, divide e dunque fa il gioco delle destre. È vero il contrario, semmai è il Rosatellum, che prepara un ritorno – non so quanto effimero – di Berlusconi. Ma la politica è la scienza del verosimile, non del vero.

Concludo: questa legge – questo Rosatellun plurifiduciato – sarà dichiarata incostituzionale, dalla Consulta, come Italicum e Porcellum? È probabile. Perché l’elettore che volesse votare un candidato nel collegio uninominale maggioritario sarà costretto a votare anche una lista bloccata fra quelle che lo sostengono. E se non volesse farlo, il suo voto finirebbe comunque nel mucchio, diviso, in proporzione ai voti espressi da altri, fra tutte le liste collegate al nome di quel candidato. D’altra parte se un elettore del Veneto volesse votare soltanto Forza Italia, automaticamente il suo voto sosterrebbe anche il candidato di Zaia, nell’uninominale.

Se la Consulta boccerà il Rosatellum il prossimo parlamento ne risulterebbe ancora più screditato e ingovernabile. Però, attenzione, perché, anche con la legge peggiore, gli elettori possono sempre cambiare il gioco. Se ne vede già qualche segno: su Repubblica oggi una simulazione prevede che il Pd non conquisti neppure un seggio uninominale né al nord né al sud. Compagni del Pd – dopo l’intervento di Tronti sulla Rivoluzione d’Ottobre posso, persino, chiamarvi così – e se questa ultima fiducia seppellisse il disegno decennale del vostro partito?

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