Roma, nuovo caso giudiziario, titola il Corriere e secondo Fiorenza Saracini: “Si aggrava la posizione di Paola Muraro, assessora all’Ambiente di Roma indagata per abuso d’ufficio assieme al direttore generale di Ama, Giovanni Fiscon, già imputato nel processo «Mafia Capitale», nell’inchiesta sulle consulenze alla municipalizzata”. Al vaglio degli inquirenti 30 telefonate tra la Muraro, Fiscom e l’ex amministratore dell’azienda rifiuti, Panzironi. Un ruolo, quella della Muraro, che non sembra essere stato di consulente – come ha sempre sostenuto – ma di “vera e propria manager che aveva la delega alla gestione degli impianti Tmb (trattamento freddo degli impianti indifferenziati) e dei tritovagliatori”. Il sospetto, dice Sarzanini, è che l’assessora della Raggi “abbia favorito la contraffazione dei risultati sia per quanto riguarda la quantità, sia per la qualità del materiale trattato e favorito le aziende del ras dei rifiuti Manlio Cerroni accettando che gli impianti di Ama lavorassero a regime più basso di quanto era invece possibile e consentendo così alle ditte private di poter smaltire il resto della spazzatura”. Intanto si confermano le dimissioni del ragioniere generale del Campidoglio Ferrante e del suo vice. Ferrante avrebbe mandato il seguente sms ad Alfonso Sabella: “Ho provato a ragionarci (con i grillini), ma con questi è impossibile”.

Tre anni di carcere a Ignazio Marino per 56 pagamenti con la carta di credito del comune: tanto chiede la procura della Repubblica. Mafia capitale, i guai con gli scontrini e l’inedita defenestrazione (by Pd) di Ignazio Marino, il plebiscito dei romani per Virginia Raggi, ma poi ben 100 giorni trascorsi tra le polemiche interne al movimento, tra deleghe concesse e subito revocate, dimissioni di assessori, e tecnici che si ribellano, con la giunta ancora in alto mare. Chi tocca Roma – a quanto pare – muore. Tempo fa Walter Tocci aveva proposto non di sciogliere – dopo l’inchiesta su mafia capitale – solo il consiglio comunale, ma l’intero comune. Per lavorare a una rifondazione del municipio, con un bacino più grande che comprendesse l’intera area metropolitana, poteri che gli permettessero di creare e di gestire un sistema integrato dei rapporti e il ciclo dei rifiuti, dalla raccolta allo smaltimento, una adeguata autonomia finanziaria – oggi Roma rischia la bancarotta – e (immagino) una rete di controlli popolari per combattere abusi e corruzione. Era una proposta “riformista”, rivolta in primo luogo al Partito di Tocci, il Pd. Nessuno ha risposto, ed è venuta la farsa Giachetti.

Soldi, comizi e web. Duello sul referendum. Sinistra Pd contro Renzi. Così Repubblica. Al netto del clamore: madonna (Boschi) pellegrina tra i migranti in sud America, il socio del guru Jim Messina, sotto guru David Hunter, pagato per indottrinare i “volontari” del porta a porta per il sì, e però la sala dell’Obihall, dove 7 anni fa Renzi debuttò come candidato sindaco, che non si riempie, il succo politico della svolta di Renzi ve l’avevo già anticipato. Matteo sa che Renzi 1 ha perso: che la narrazione ottimistica fin qui propinata si squaglia davanti alla realtà di una ripresa deludente, che corteggiare (e talvolta minacciare) Merkel e Hollande non varrà all’Italia un posto sulla locomotiva che guida l’Europa né l’aiutino che servirebbe, che l’idea di conquistare prima il Pd (partito, per volontà di Renzi, dell’internazionale socialista) per poi sottrarre parte della destra a Berlusconi e parte degli elettori anti casta ai 5 stelle, è fallita. Renzi lo sa e cerca una diversa strategia.

“Cambio l’Italicum”, Corriere, pagina 8. Vuol dire che il Renzi 2 non esclude alleanze, non crede più che uno solo (cioè lui) possa vincere tutto e governare per 5 anni “senza inciucio”. “Il referendum è più importante”: certo, perché se lo perdesse la sua immagine in Italia e in Europa ne uscirebbe ridimensionata. “E si vince coi voti della destra”: significa che i voti “di sinistra” Renzi li dà per persi. Chi ha lasciato il Pd non ritornerà sui suoi passi. Dunque anche Bersani, Cuperlo e Speranza o si allineano o vadano pure via: “con D’Alema esperto di guerre fratricide”. Dietro questa svolta c’è l’intuizione della crisi profonda della sinistra democratica e socialista in tutta Europa. I suoi pari, pensa l’ex rottamatore, o si condanneranno all’irrilevanza perché ancora di sinistra (Corbyn, Sanchez che vuol dialogare con Podemos) o faranno da ruota di scorta delle destre (Spd in Germania, Susana Diaz che vuole appoggiare Rajoy in Spagna, quei socialisti francesi che sceglieranno Sarkozy pur di evitare Le Pen). La barca dell’internazionale socialista affonda. Si salvi chi può.

Il Renzi 2 personalizzerà ancora di più. Si proporrà come un cavaliere solitario, non più rappresentante di un partito di sinistra (sia pure della Terza Via) ma semplice professionista della politica, un deus ex machina con le competenze necessarie per gestire, da Palazzo Chigi, gli interessi dell’Italia. Dopo la sospirata vittoria dei sì, renzi spera, probabilmente, di ottenere un viatico dall’ottantenne Berlusconi e il sostegno operoso di un leader senza carisma come Parisi. Poi guiderà nuove coalizioni e cambierà l’Italicum come meglio gli converrà, farà ulteriori concessioni agli industriali, prometterà soldi pubblici e affari ai clientes meridionali – il ponte sullo stretto è una prima offerta – e condizioni di vantaggio ai capitali internazionali senza guardare da dove vengano – pecunia non olet -, accetterà (pazienza) qualche compromesso con i sindacati, sparerà alto contro Merkel e Hollande che considera perdenti e proverà ad incassare un dividendo per l’appoggio alla Clinton, la cui vittoria gli permetterebbe di schiacciare tutti gli avversari sul profilo impresentabile di Donald Trump. Guerra ai grillini, naturalmente, “perché vogliono lo sfascio”; e alla sinistra “perché sa solo perdere”. Sbaglia Massimo Franco quando scrive che ritorna il partito della nazione. Semmai Renzi propone se stesso come uomo della nazione. I partiti, nel nuovo contesto, gli appaiono una zavorra e rappresentano un rischio. Scrive il Giornale: “Guai giudiziari in vista: preavviso di garanzia al Pd di Renzi”. Starebbero per maturare processi sulle primarie. Matteo è ormai nel Palazzo, le primarie con gli servono più.

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