Germania all’attacco del fronte sud, scrive la Stampa. “Tsipras è tornato ai suoi soliti giochetti”, ha detto infatti il bavarese Manfred Weber, commentando il vertice che il premier greco ha voluto ad Atene con i partiti socialisti dei sette paesi che si affacciano sul Mediterraneo, vertice cui hanno partecipato anche Hollande e Renzi. “Nuove richieste continue da parte di Atene – ha proseguito Weber – non portano da nessuna parte”. “Quando si incontrano i leader socialisti – ha rilanciato Wolfgang Schäuble – per lo più non ne viene fuori niente di intelligente”. Poi il ministro delle finanze tedesche se l’è presa con Draghi: è la sua politica espansiva, ha detto, ad aver provocato “un chiaro calo” del cambio dell’Euro. E da qui deriverebbe – da una una proterva politica tedesca che drena risorse dal sud al nord dell’Europa – lo scandaloso surplus commerciale della Germania. Ricordo che Draghi aveva invitato la Germania a investire di più, sostenendo che viola le regole europee sia chi spende il denaro che non ha sia chi non spende quello di cui dispone. Insomma le due destre interne al partito della Merkel, Schäuble e l’ala bavarese tirano la giacca alla cancelliera e sfidano la BCE. Renzi si dice soddisfatto, sottolinea “ora anche Hollande è con noi”, ma non spiega affatto se intende appoggiare le richieste di Atene – ristrutturazione del debito, più investimenti – già al prossimo vertice di Bratislava o se pensa di continuare a fare il furbo per lucrare un bonus dello zero virgola da inserire in finanziaria.

Effetto Raggi, Il Pd supera M5S titola Repubblica. Il sondaggio, commentato da Ilvo Diamanti, dice che il movimento fondato da Grillo sarebbe oggi votato dal 28,8% degli elettori, il partito di Renzi dal 32,1%. In caso di ballottaggio il Pd prevarrebbe di un’incollatura, 50,8% contro 49,2 dei 5 Stelle. “Il confronto resta apertissimo” chiosa Diamanti. Quanto al referendum, “il Sì, oggi, prevarrebbe di pochi punti. E anche se Renzi sta cercando di ridimensionarne la connotazione “personale”, continua a percepirlo come una verifica politica diretta. Su di lui e il suo governo”. Semmai, spiega Diamanti, il problema del No è che “non dispone di figure in grado di imprimere una spinta propulsiva determinante”. Non Massimo D’Alema, il cui livello di consensi è molto limitato: 24%. Meno di Silvio Berlusconi e Stefano Parisi.

Autocritiche, a mezza bocca. Il Corriere pubblica una lettera di Beppe Grillo. Dopo aver denunciato “l’inconsistenza assoluta delle stupidaggini che vengono discusse da trombatissimi pantaloni… che straparlano nelle puntate di Vespa”, Grillo ammette: “non siamo perfetti”. Bene. Purtroppo l’ideologia del Movimento, come ben spiega su Repubblica Piero Ignazi, è proprio di aver rivendicato una pretesa perfezione delle “regole” del movimento, l’aver brandito la purezza e l’innocenza come un’arma assoluta”. Grillo ora comprende che “la mitologia egualitaria dei grillini (corroborata dalla “piattaforma digitale” intitolata a Jean Jacques Rousseau) sta naufragando”? Se sì, benvenuto Beppe tra chi fa politica, senza pretendere che il mondo intero si debba inginocchiare ai suoi piedi. Repubblica intervista, invece, il presidente emerito Giorgio Napolitano, il quale corregge Renzi e sostiene che la riforma costituzionale non è la sua riforma anche se definisce “assurda la guerra contro la riforma”. Poi Napolitano contesta l’Italicum che “rischia di consegnare il 54% dei seggi a chi al primo turno ha preso molto meno del 40% dei voti”. E aggiunge niente meno che la minoranza Pd: “C’è in questo momento una sola iniziativa sul tappeto, è di esponenti di minoranza del PD tra i quali Speranza ed è una proposta degna di essere considerata, insieme ad eventuali altre”. Naturalmente Napolitano avrebbe potuto accorgersi che l’Italicum tradiva in modo staccato il principio della rappresentanza, anche quando sembrava che dovesse vincere Renzi. Non solo ora che così potrebbe non essere. Autocritica, piuttosto tardiva.

Kerry e Lavrov ci provano. Nella notte russi e americani hanno raggiunto l’accordo per una tregua in Siria. Dovrebbe partire lunedì e se reggesse almeno una settimana, annuncia il segretario di stato di Obama, le forze statunitensi coopereranno con quelle russe nella lotta contro lo stato islamico. Se funzionasse, la tregua darebbe un po’ di conforto ai civili in trappola ad Aleppo e metterebbe nell’angolo gli assassini all’ingrosso del sedicente califfo.

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