Benvenuti nella terza repubblica. Il Giovane Fratello che regge le sorti del Belpaese promette pensioni anticipate, meno tasse e per tutti, niente bollo per gli automobilisti. È in campagna elettorale permanente, anche se non si sa ancora quando chiamerà i cittadini a votare e per cosa. La chiamano “democrazia recitativa”. Al brontolio sordo che muove dal basso – elezioni amministrative incerte per il Partito della Nazione, amministratori che finiscono in carcere, scontro tra i giudici e chi li dovrebbe controllare (Fanfani, laico del CSM chiede ragione di un arresto ritenuto “inopportuno”) – a tutto questo il giovane maestro jedi risponde offrendo se stesso, il proprio corpo in TV, l’infaticabile tour d’Italia, la promessa di bonus e di sgravi, una smorfia sul volto per suggerire che il resto non conta. Contratti, diritti, separazione dei poteri, corpi intermedi, parlamento, a che servono infine? Il poco burro che l’ordo-liberismo capitalista ci vuol concedere è già stato susssunto (così diceva Kant) all’attività di governo. Che lo distribuisce secondo l’idea che ha di giustizia e gli interessi elettorali. Si chiama stabilità, si chiama democrazia decidente. La terza repubblica è arrivata.

Niente opposizione, asfaltata, resta la satira e qualche dissidente. Giannelli, su quel vecchio giornale che gli Agnelli-in-Marchionne hanno prima riempito di debiti e poi abbandonato, disegna la chioccia Verdini che tiene sotto l’ala il pollo Renzi. Ala si chiama il gruppo di patrioti e volenterosi che in Senato ha sostituito i dissidenti del Pd, garantendo i voti al governo. Quelli di Ala non possono però entrare nella maggioranza: se lo facessero, al presidente della Repubblica, silente ma ancora in funzione, potrebbe venire in mente di rimandare il governo alle camere per un nuovo mandato. Dunque partecipano alle riunioni di maggioranza ma non ci sono, pongono veti – non si cambi la prescrizione che manda impuniti i corrotti – ma lo fanno alzando le ciglia, senza parlare. Tanto che il capogruppo della nazione, Zanda, non si accorge della loro presenza e la nega ai giornalisti. Se ne accorge Casson che, essendo un gufo, gufa e vede seduto accanto Ciro Falanga, che dovrebbe essere trasparente.

Il Giovane Fratello è preoccupato. Gli austriaci gli vogliono sfilare il sud Tirolo per spostare più in giù la diga contro i migranti, da Berlino gli ricordano di esser seduto su una montagna di debiti, oltreoceano l’alleata Hillary non riesce ad entusiasmare le donne, né i giovani e neppure l’ex ceto medio che si proletarizza. È solo a Palazzo Chigi ma sa di essere il migliore: come Togliatti e come De Gasperi, come Fanfani e come D’Alema, ma più di tutti loro, perché – si sa – l’anatomia della scimmia si definisce a partire dall’uomo, il prima è vecchio il presente è tutto. Così, piazzando sgravi e bonus, prepara il plebiscito di ottobre: “con me le riforme con chi si oppone la paralisi”, “dopo 63 governi si cambia”, “finiti 25 anni di barbarie giustizialista”, bonus e sgravi quando si può, basta “professoroni”, vecchi saggi che nessuno li capisce. Un giudizio di Dio – dei pochi ma buoni che andranno a votare – sul politico che combatte l’anti politica. Delega in bianco che non lo lega a un programma.

Non vi piace il menu? Votate No. Promuovete comitati in ogni città, invitate anziani e pensionati a tenerli in piedi, perché tempo ne hanno, perché la cultura non gli manca e qualche soldo per pagarsi le spese lo troveranno. Invitate i ragazzi, che arriveranno in tanti se smetterete di parlare come ha parlato la sinistra nell’ultimo quarto di secolo, se smetterete di coprire il vuoto con aporie, con mezze verità e tanti “ma anche”: il TTIP è cattivo ma non siamo protezionisti, il petrolio uccide ma serve per riscaldarsi, siamo pacifisti ma abbiamo paura dei terroristi in Libia. Verranno i ragazzi se gli direte, papale papale, questo Giovane Fratello è un politico di professione, non precario come voi ma pollo d’apparati, il suo governo non è efficiente, all’ombra della Nazione cresce la corruzione, dice di voler sbloccare l’Italia e per sbloccare Lodi, un sindaco suo amico ha truccato una gara d’appalto, assegnato a chi voleva la gestione di una piscina, poi ha cancellato le prove da computer e telefono, ha fatto pressioni sulla guardia di finanza, poi ha confessato ma l’ho fatto per svegliare Lodi, come Renzi vuol svegliare l’Italia bella e addormentata. Dite ai giovani che è vero, la democrazia è imperfetta e non è veloce, ma un uomo solo al comando, con la burocrazia debole che ci ritroviamo, con la corruzione che dilaga e l’intermediazione mafiosa che preme, è un male ancora peggiore perché la ruota gira a vuoto. E così si perdono più tempo e soldi.

Il caffè oggi devo averlo preso fra i marinai del porto di Melville, in attesa della caccia Moby Dick, o nel bar di Guerre Stellari tra jazzisti che sembrano lucertole, orchi e serpi, cavalieri jedi e pirati interstellari. Un caffè da fantascienza, insomma. Forse filtrato dalla “democrazia recitativa” del premier, ma confortato da un bel dibattito, che si è svolto ieri sera, alla Casa della Cultura di Milano, dove almeno 200 persone erano venute a sentire non me, ma il candidato sindaco Basilio Rizzo, il giurista Luigi Ferrajoli e Moni Ovadia. Coraggio.

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