Il mare e il cielo terso di dicembre. Davanti ai miei occhi le coste siciliane e l’Etna con la cima già coperta di neve. Girare l’Italia per il No ha i suoi doni. Anche Prodi alle fine ha detto Sì. A Renzi. Certo non gli piace, e definisce “modesta” la riforma imposta dal premier, né accetta la “rissa che ha indebolito l’Italia all’estero per ragioni di politica interna”. E chi l’ha provocata, per ragioni di politica interna, se non l’inquilino di Palazzo Chigi, che ne ha fatto l’alibi e la bandiera del suo governo? Meglio succhiare l’osso che il bastone. A questo si è ridotto il fondatore (insieme a D’Alema) dell’Ulivo. Rispetto la sua scelta, come quella di qualche amico, che da giovane era stato rivoluzionario e ora teme che Trump, la Brexit, il peso troppo grande di Putin, la crisi della mondializzazione finanziaria e dell’illusione che con essa crescessero anche i diritti, che tutto ciò possa minacciare la sua tranquilla vecchiaia.

La storia non è finita. A chi volesse riflettere, consiglierei la lettura, sul Corriere, di una intervista a Fukuyama. È quell’intellettuale che, dopo la caduta del muro di Berlino, ci spiegò come fosse finita la storia. Che il capitalismo era ormai rimasto il destino unico dell’umanità. Questo capitalismo recente, fondato sulla mondializzazione finanziaria e su regole per il commercio che danno più potere alle multinazionali che non ai popoli “sovrani”. Che pretende che i lavoratori, in quanto produttori, stiano al giogo dello sfruttamento ma promette loro che, in quanto cittadini, conserveranno qualche diritto civile. Fukuyama piange lacrime amare per la vittoria di Trump. “Indebolito l’ordine mondiale post bellico. E Mosca e Pechino già ne approfittano”. Scrivo da tempo che si sta esaurendo – forse è già finita – la seconda lunga pace (la prima fu quella tra il 1870 e il 1914) fondata, questa seconda, sul dominio di una sola super potenza, gli Stati Uniti d’America. In fondo il fatto che Trump minacci una guerra commerciale con la Cina, il fatto che la middle class non accetti più di votare al centro (repubblicani del centro o democratici del centro), significa soltanto che gli Stati Uniti non riescono più a controllare il mondo con un battito di ciglia. O facendo la faccia feroce (con Cuba, con l’Iran) o avallando guerre per procura (Corea, Vietnam) o infine ordendo con la CIA colpi di stato sanguinosi (Indonesia, Cile). Dobbiamo piangere che questo sia finito? Succhiare l’osso per evitare il bastone, come credettero di fare gli ebrei romani di destra, prima che fascisti e cattolici li consegnassero ai nazisti e ai treni verso la morte?

La speranza dei mercati. Financial Times e Sole 24 Ore sognano che questo volta l’Arabia Saudita faccia sul serio, che abbia davvero deciso, d’accordo solo in questo con Russia e Iran, di far calare la produzione di petrolio e quindi farne crescere il prezzo. Sperano, i giornali atterriti da Trump, che riprenda l’inflazione, che le classi medie riprendano a spendere, che si muova qualcosa, spazzando via l’aria stagnante della deflazione. New York Times tesse un elogio, prudente e disincantato, di Angela Merkel. La presenta come una Hillary Clinton che potrebbe persino vincere, potrebbe resistere alla rabbia dei populismi. Il giornale qui si corregge, fa un po’ di autocritica: “Facile dire che gli elettori sono arrabbiati; in realtà, sono stanchi. Stanchi della dell’ortodossia secondo cui la globalizzazione – e con essa la migrazione di massa, il calo dei salari e la deindustrializzazione – sia inevitabile”. Perché non dovrebbero essere stanchi e arrabbiati? Ora Fukuyama, ora New York Times, ora i nostri Prodi, sanno che la Terza Via non paga più nelle urne, e fanno gli esorcismi. Chissà Merkel, chissà Renzi!

Anche Boldrini sale sul carro. Di Renzi. Almeno questo capisco: “Basta con i toni eccessivi in politica: bisognerà ricucire il fronte progressista”. Come, cara Presidente, per favore mi dica come? Forse con la legge elettorale che Matteo Renzi ha fatto sventolare sotto gli occhi degli elettori incerti, servendosi della sua retroscenista? Un pasticcio che dovrebbe servirgli a tenere in una unica alleanza: Verdini e Alfano, Pisapia e Cuperlo? Preferisco lavorare perché vinca il No, perché caduta la torre delle bugie che Renzi ha propalato, venga giù qualche lacrima, forse, ma si torni a vedere l’orizzonte. A proporre e a fare vera politica.

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