Parigi, La Senna si gonfia e oggi si svuotano di opere d’arte gli scantinati del Louvre e del Musée d’Orsay, per prevenire il disastro che l’inondazione provocherebbe. Liberation racconta gli ultimi scontri in piazza tra la polizia e chi protesta contro il jobs act: 11 liceali feriti a Saint Malo – le famiglie denunciano – a Rennes le forze dell’ordine caricano “a vive allure”, cioè provano a mettere sotto “en voiture”, con le loro auto, i giovani che nei giorni scorsi avevano preso d’assalto i cordini dei flic. A Parigi un manifestante è stato colpito da una grenade de désencerclement, una bomba a mano che libera biglie di caucciù. È all’ospedale, in gravi condizioni, con un edema cerebrale. Il primo ministro della Terza Via, Manuel Valls, aspetta che la Cgt (la nostra Cgil) si stanchi, si isoli, molli la presa. Il Jobs Act deve passare il vaglio del Senato e poi tornare all’Assemblée Nationale per il voto finale.

Berlino. All’unanimità il Bundestag ha votato ieri sul “grande crimine” – come lo chiamano gli armeni – commesso nel 1915-16 dai giovani turchi, già allora al potere, e dall’ultimo sultano ottomano Maometto II. Erdogan è andato su tutte le furie e ha ritirato l’ambasciatore. Egli si considera, infatti, erede sia dei sultani che di Mustafa Kemal, Ataturk, padre della Turchia moderna. La deportazione verso il deserto, (con la collaborazione dei soldati tedeschi) di centinaia di migliaia di armeni, accusati a torto o a ragione di essere la quinta colonna del nemico russo, le esecuzioni per fucilazione e impiccagione degli uomini, la morte per fame e fatica di donne, di bambini, di anziani; tutto ciò fu programmato – dunque genocidio – per rifondare Turchia su basi etniche e “vincere” la grande carneficina imperialista chiamata prima guerra mondiale. I curdi, che presero parte dalla parte dei turchi al genocidio armeno, oggi sono sotto tiro del sultano grande turco. Erdogan non tollera che, dando un giudizio sulla storia, l’Europa gli dica cosa non può fare, oggi, con l’opposizione interna.

Londra. Il prossimo 23 giugno i sudditi del Regno Unito saranno chiamati a votare se restare o no nell’Unione Europea: gli ultimi sondaggi danno il Brexit in vantaggio. Cameron, che il referendum ha voluto ma che ora ne teme le conseguenze, lancia appelli ogni giorno più drammatici. La banca Mondiale dice che l’economia subirà un duro colpo in caso di Brexit, Draghi fa sapere, con tono non meno drammatico, che “la BCE è pronta a tutto”. I giovani, i millennials britannici, sono contro brexit, “chiedere un visto per andare in Francia? Assurdo!”. Ma molti non si sono ancora iscritti nelle liste per votare: la sfiducia nella politica, il ritrarsi dalle urne può funzionare come una roulette russa. Non solo a Londra.

Roma. Benigni insiste (scrive Repubblica) “Cambiare la costituzione si può”. Certo che si può! Si può ridurre il numero di senatori e deputati – il progetto di noi “gufi” li portava in tutto a 500, contro i 900 d’oggi e i 730 previsti dalla Boschi. La democrazia può funzionare anche con una sola camera: basta mettere al riparo dalle maggioranze di governo il potere di controllo delle cariche di garanzia, Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale. Si possono ridurre le competenze delle Regioni e dar loro in cambio una Camera alta con la quale far sentire al centro la voce delle autonomie, come fa bene il Bundesrat in Germania. Ma la riforma Boschi Renzi non è niente di questo. È un progetto sgangherato e contraddittorio che serve solo a svilire il ruolo delle rappresentanze elette per ridurre la democrazia a ciò che prevede l’Italicum: una semplice elezione del premier, il quale si porterà dietro in parlamento una schiera di clienti fedeli e nominati. Riforma e Italicum sono un vestito cucito addosso alle ambizioni di Renzi, il quale – apprendiamo dai giornali in edicola – vuole che il referendum si tenga il 2 ottobre, prima che la Consulta si pronunci sull’Italicum e prima che il governo sveli i numeri della prossima legge di stabilità, che non sarà certo un tappeto di rose. Più chiaro di così, il disegno non potrebbe essere.

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