Tra UE e Renzi duello infinito: volete troppo. Repubblica esprime i suoi dubbi sul duello che il premier sembra voler ingaggiare con l’Europa. Dà spazio alla risposta di Juncker: avete ottenuto “già 19 miliardi di flessibilità”. Fa i conti e scopre che “ora la manovra dovrà salire di altri 5 miliardi per non toccare l’Iva”. Anche il Corriere, con un editoriale in apertura boccia la politica europea del premier. Il vice direttore Antonio Polito ricorda alcune frasi del premier: quella secondo cui “l’uscita del Regno Unito avrebbe reso più forte l’Europa che restava, e maggiore il ruolo dell’Italia”, l’altra che prefigurava “un nuovo direttorio a tre, con Roma alla pari con Berlino e Parigi”, o infine “la convinzione, espressa prima di Bratislava, che Hollande fosse completamente acquisito alla causa della lotta contro l’austerità”.

“All’origine di questi abbagli – scrive Polito – non c’è solo la fretta di dare buone notizie agli italiani, di mostrare loro che gareggiamo in una categoria di peso superiore al passato. C’è una analisi errata della condizione dell’Italia, che forse indebolisce l’azione riformatrice del governo anche dentro i confini nazionali. In una parola: il nostro Paese è in crisi oppure no? Il governo Renzi ci dice da due anni che no, non è più in crisi, che ha cominciato il percorso alla rovescia, verso la crescita dell’economia e del peso politico. Ma i nostri partner europei, in questo all’unisono con l’opinione pubblica interna, pensano invece che il nostro sia un Paese in crisi, in cui la ripresa dopo la grande recessione non è mai veramente cominciata, e che anzi vive col fiato sospeso per la paura che una nuova recessione sia in arrivo; un Paese comunque stagnante da quindici anni, quindi sempre più indebitato, quindi sempre più debole”. Insomma il premier avrebbe pure ragione ad alzare la voce in Europa, se non avesse raccontato troppe cose non vere, se non avesse cercato di fare il furbo e persino – scrive Polito – se non si fosse fatto sfuggire il posto di presidente dell’Unione, ora di Tusk.

Renzi o Mattarella? Dipende dal referendum. Stefano Folli comincia col dire che oggi il presidente della Repubblica celebrerà il centenario della nascita di Aldo Moro. Fra non molto farà lo stesso con i 120 anni dalla nascita di Sandro Pertini. E allora, che c’entrano siffatte cerimonie con il referendum? “L’esito del referendum – spiega Folli – costituirà uno spartiacque. Nessun apocalisse, come vuole una certa propaganda, ma senza dubbio il risultato stabilirà un “prima” è un “dopo”. I sondaggi continuano a essere molto incerti e si riflettono nel nervosismo di Palazzo Chigi. La vittoria del SÌ non risolverà i problemi aperti, ma lascerà nelle mani del premier Renzi lo scettro politico. L’affermazione del NO, viceversa, riporterà il Quirinale al centro della scena e toccherà al Capo dello Stato prendere difficili decisioni. Sia che Renzi resti alla guida del governo, sia che il prescelto sia un altro, il Presidente della Repubblica dovrà garantire una sorta di tutela all’esecutivo e curarne gli indirizzi generali almeno fino al termine della legislatura”. Come svolgerà questo ruolo Mattarella? Ispirandosi a Moro e alla sua “politica di coesione nazionale”, ma anche, gioco forza, sulla scia dell’interventismo del Quirinale, inaugurato appunto da Pertini.

Il socialista Sanchez proporrà al suo partito un governo con Podemos. È questa l’apertura del primo giornale spagnolo, El Pais, il quale censura con durezza siffatta scelta. La definisce “irresponsabile”, scrive che porterà la Spagna verso le terze elezioni consecutive e il PSOE lontano dalla sua tradizionale linea di sinistra moderata. Non conosco benissimo la situazione spagnola, ma la realtà mi sembra più complicata. La destra tradizionale spagnola è molto strutturata, non intende rinunciare alla sua politica ultra liberista e anti popolare (licenziamenti e sfratti) né a un nazionalismo madrileno e post franchista che la rende invisa a tutti i movimenti autonomistici o indipendentisti (catalani, baschi, etc), né intende rinunciare al suo capo, Rajoy, eterno candidato alla propria successione. Ciudadanos (destra rinnovata e venata di populismo) alla fine si è detto disposto a governare con Rajoy, ma a condizione che lo stesso facciano i socialisti. Se il Psoe accettasse, come vuole El Pais, probabilmente segnerebbe la propria fine come partito nazionale, mantenendo un insediamento importante forse solo in Andalusia. Al contrario, alleandosi con Podemos e i partiti nazionali (catalani, baschi) qualora questi ci stessero, potrebbe, in teoria, dar vita a una maggioranza, risicata, e a un governo. Al contrario Ciudadanos e Popolari non hanno, da soli, i voti sufficienti. Tuttavia la vera domanda è un’ altra: quale prospettiva possa avere una Spagna, guidata da un governo delle larghe intese, se non quella di rimanere ruota di scorta di una Europa a trazione tedesca e molto-molto avara con i paesi Mediterraneo?

In breve. Haftar dice che i tecnici italiani sono stati rapiti da Al-Qaeda, mentre Serraj aveva sostenuto che sono quasi al sicuro, nelle mani di predoni, certo, ma amici predoni. Purtroppo sia gli italiani rapiti che l’Italia sono finiti ostaggio della guerra civile libica. Ricorre il cinquantesimo anniversario delle Pantere Nere. E a Charlotte si scopre da un video che il nero ucciso dalla polizia non minacciava affatto e probabilmente non era neppure armato. Altri due giovani neri, intanto, sono morti: uno per ferite da arme da fuoco, l’altro dopo essere stato immobilizzato da quattro poliziotti. L’Europa che accusa Apple di non pagare le tasse viene accusata dagli americani di aver dato 20 miliardi di aiuti pubblici a Airbus, distorcendo la concorrenza. Intanto si scopre che una ex commissaria europea alla concorrenza aveva una società offshore alle Bahamas. Renzi: olimpiade caso chiuso, titola il Corriere che poi intervista Luca Cordero di Montezemolo, il quale, con l’eleganza che lo distingue, afferma che Virginia Raggi “sembra telecomandata”. Il sindaco di Bologna Merola chiede invece al segretario del Pd di indire un referendum interno per consultare la base sull’Italicun: “i militanti ci stanno abbandonando”, dice.

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