Mi scuso per non aver servito, stamani, il solito Caffè. In realtà l’ho registrato alle 8,30 ma a Milano, dove mi trovo per un convegno sulla ricerca, non sono riuscito a trovare una connessione in grado di caricare il video su Faceebok.

Nel caffè odierno parlavo di Paola, naturalmente. Morta di fatica sui campi, vittima della “modernità” perché i suoi aguzzini, ora arrestati, non sono i caporali d’un tempo ma signori in giacca a cravatta, gestori di un’agenzia di lavoro interinale. Parlavo del terremoto e dei ritardi. Scrive Fiorenza Sarzanini che sono 11.263 le persone senza casa, 9mila tuttora ospitate in residence e alberghi, 4 edifici su 10 sono inagibili e delle 3mila “casette” promesse ne sono state ordinate 1.470 e consegnate 18. Citavo la vicenda di Bollorè, patron di Vivendi, indagato per agiotaggio – titolone sul Corriere – per aver rotto a luglio con Berlusconi facendo crollare i titoli mediaset in modo da comprarli sotto costo e lanciare un’Opa ostile in dicembre. E del Fatto Quotidiano che titola “Lotti raccomandò a Emiliano l’amico d’affari del papà di Renzi”. Tutte calunnie o il rottamatore aveva in famiglia e nel governo persone che trafficavano sui pubblici appalti? E poi, immancabile, le ultime su Pd e scissioni. Stanno per nascere i gruppi parlamentari di “progressisti e democratici” – si chiameranno così? -, rinforzati da 17 deputati – e tra loro l’ottimo D’Attorre e il professor Galli – che hanno deciso di lasciare Sinistra Italiana, a pochi giorni dalla sua fondazione, per confluire in un soggetto più ampio e, secondo loro, meno a rischio di derive identitarie e settarie. Quanto al Pd di Renzi, Emiliano minaccia di “portare le carte in tribunale” se l’ex premier – segretario insistesse per far subito la conta alle primarie. “Allora meglio il televoto”, sbotta Orlando che si candida contro “la prepotenza in politica”. Grasso e Prodi chiedono che si voti a scadenza, nel 2018. Gentiloni si difende dal fuoco amico: non è vero – dice – che non sto facendo niente.

America first e la corsa agli armamenti. Trump ne ha parlato alle Reuters, dallo studio ovale. Ripristiniamo il “vantaggio” nucleare, ha detto. Il Cremlino ha reagito e chiedendo all’amico, forse troppo impulsivo, di non giocare col fuoco. A Washington il super reazionario Bannon cerca di salvarsi il posto e giura che Donald sa quel che fa. I democratici non sanno se rompere tutti i ponti con il Presidente (mai successo) o se scegliere un profilo basso e aspettare le elezioni di mezzo termine nel 2018, quando sperano di riprendersi il congresso.

5 candidati per l’Eliseo. Da destra a sinistra: Le Pen, Fillon, Macron, Hamon e Melénchon. La prima è accreditata del 25% dei voti, gli altri 4 si dividono il restante 75%. Uno sarà presidente, dunque rappresentante della nazione e capo del governo. Potrebbe, tuttavia, trovarsi senza maggioranza perché è vero che i membri della Assemblée Nationale si eleggono pure con il doppio turno di collegio ma non è affatto detto che la vittoria del “leader” trascini anche loro al successo. Non vi pare che il sistema maggioritario non funzioni più? Nemmeno nella Francia, dove era stato pensato con un certo criterio dal generale De Gaulle. Certo se Hamon e Melenchon si unissero potrebbero mettere insieme un rispettabile 35%. Forse di più, visto che a quel punto Macron perderebbe molto del suo appeal. Ma non si uniranno perché da troppo tempo i socialisti erano preda del virus liberista e governativo: la novità Hamon arrivata tardi, almeno per queste elezioni. Quasi tutti i commentatori italiani puntano su Macron. Ma il loro schema è sempre quello: i francesi preferiranno alla “fascista” l’uomo che viene da sinistra ed è disposto a fare politiche di destra. Non ci credo.

Viva Zingaretti. Sono con lui senza se e ma. La legge prevede l’interruzione di gravidanza, hanno provato ad abrogarla e non ci sono riusciti. Perciò davanti a un mare di medici che fanno “obiezione” – qualcuno forse soltanto per dirottare qualche cliente verso cliniche private -, la Regione ha ben diritto di mettere a concorso due posti di medico chiarendo che sarà chiesto loro di aiutare quelle donne che pensano di non aver alternativa all’aborto. L’ordine dei medici, la ministra Lorenzin e la Conferenza Episcopale hanno torto.

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